mercoledì 28 ottobre 2009

La zingara

Strada vuota.
La solita zingara, con la testa quasi completamente nascosta dal suo foulard e avvolta nel suo impermeabile kaki quattro stagioni, appare improvvisamente all'angolo della piazza, sciolta nei movimenti e dall'incedere perfettamente coordinato.
Mi vede.
Improvvisamente, in tre passi, recupera il suo solito aspetto da manichino dinoccolato e si protende verso di me.
"Ciao carìina" - mi dice con tono cantilenoso e poi agginge l'immancabile "tànti augùuri, buòna fortùuna", salvo poi imprecare, invocando contro di me le peggio cose, non appena la supero, facendo finta di niente e soprattutto senza darle la "monetìina" richista (del resto la incontro sul mio percorso casa-studio e studio-casa, non posso mica fermarmi quattro volte al giorno!).

Giro l'angolo, percorro la stradina che conduce alla piazzetta successiva e mi imbatto in un'altra simile figura.

"Forse mi sono sbagliata", sussurro tra me e me, pentendomi sinceramente di aver erroneamente e maliziosamente voluto cogliere l'inganno nelle sembianze della prima zingara.
Mi convinco che forse è questa seconda quella deformata dall'ingiuria della malattia, ma poi il mio occhio cade sulle calzature: questa indossa scarpe di panno nero, è meno sciancata e, benchè mi auguri le stesse cose e chieda la medesima monetina, indossa una palandrana diversa e tieni i piedi paralleli.

L'altra, invece, la stessa che in vie secondarie della città ho già visto camminare perfettamente eretta e con passo spedito con il bastone sotto l'ascella (del resto che differenza c'è tra lei e me? Lei si porta quell'attrezzo per il suo mestiere, io tengo in mano una banalissima borsa), indossa sempre degli inconfondibili zoccoli bianchi, che, ritengo, siano un altro aggeggio di scena: servono per sottolineare - sporgendo insolenti da sotto il lungo impermeabile kaki - la (abilmente procurata) deformazione dei piedi.

Mi chiedo se dopo le ore trascorse per mesi (se non per anni) in quella posizione per attirare la pietà e soprattutto la carità della gente, certi soggetti, che, riconosco, non rispetto, non certo per la loro indigenza, ma per l'abuso della credulità dei distratti passanti, colpendo soprattutto i portafogli, spesso già magri, di anziani e bambini, più suscettibili ad intenerirsi, non finiscano davvero per ammalarsi costringendo il loro corpo ad assumere pose innaturali se non addirittura contro natura.

Sono arrivata a destinazione, come dimostra il fatto che io stia scrivendo queste cose.
Forse, almeno per adesso, le imprecazioni di cui sono stata bersaglio all'angolo della piazza, non hanno ancora avuto effetto.