lunedì 28 dicembre 2009

A salty dog

"All hands on deck, we've run afloat!" I heard the captain cry
"Explore the ship, replace the cook: let no one leave alive!"
Across the straits, around the Horn: how far can sailors fly?
A twisted path, our tortured course, and no one left alive

We sailed for parts unknown to man, where ships come home to die
No lofty peak, nor fortress bold, could match our captain's eye
Upon the seventh seasick day we made our port of call
A sand so white, and sea so blue, no mortal place at all

We fired the gun, and burnt the mast, and rowed from ship to shore
The captain cried, we sailors wept: our tears were tears of joy
Now many moons and many Junes have passed since we made land
A salty dog, this seaman's log: your witness my own hand

Procol Harum

Leningrad

Viktor was born in the spring of '44
And never saw his father anymore
A child of sacrifice, a child of war
Another son who never had a father after Leningrad

Went off to school and learned to serve the state
Followed the rules and drank his vodka straight
The only way to live was drown the hate
A Russian life was very sad
And such was life in Leningrad

I was born in '49
A cold war kid in McCarthy time
Stop 'em at the 38th Parallel
Blast those yellow reds to hell
And cold war kids were hard to kill
Under their desk in an air raid drill
Haven't they heard we won the war
What do they keep on fighting for?

Viktor was sent to some Red Army town
Served out his time, became a circus clown
The greatest happiness he'd ever found
Was making Russian children glad
And children lived in Leningrad

But children lived in Levittown
And hid in the shelters underground
Until the Soviets turned their ships around
And tore the Cuban missiles down
And in that bright October sun
We knew our childhood days were done
And I watched my friends go off to war
What do they keep on fighting for?

And so my child, when I came to this place
To meet him eye to eye and face to face
He made my daughter laugh, then we embraced
We never knew what friends we had
Until we came to Leningrad

Billy Joel

giovedì 17 dicembre 2009

lunedì 14 dicembre 2009

Neve, uccellini a rischio: ecco come aiutarli

NEVE, UCCELLINI A RISCHIO. L'ENPA DI VICENZA: "ECCO COME POTETE AIUTARLI"
Adesso nel giro di 24 ore possono morire. Per colpa della neve pettirossi cinciarelle, merli, passeri e tanti altri uccelli rischiano di non trovare più cibo e di non sopravvivere al freddo rigido. Un modo per aiutarli a superare questi giorni difficili c'è : preparare una tortina per gli amici pennuti, studiata da esperti dell'Enpa, Ente protezione animali. Gli ingredienti sono semplici, facilmente reperibili e soprattutto non costano molto. Farina, margarina e un po' di zucchero possono eliminare la mortalità dei piccoli passeri che, nell'arco di un inverno, può raggiungere il 70 per cento della popolazione.
Una volta pronte queste tortine vanno messe sui davanzali, sopra i tetti o tra i rami degli alberi. L'importante è che siano poste in luoghi non accessibili a gatti e ai cani perché sono molto appetitose anche per loro. Non appena qualche pettirosso si accorgerà della leccornia non mancheranno successive scorribande di passeri e merli. Uno spettacolo che, con un po' di pazienza e rispetto, vale la pena di ammirare.

Ecco la ricetta.

Ingredienti. Mezzo chilo di farina di frumento per dolci, 1 chilo di farina per polenta di mais giallo, mezzo chilo di zucchero e 5 o 6 confezioni di margarina vegetale da 250 grammi.
Volendo si può aggiungere una bustina di uva sultanina, 1 o 2 mele tagliate a cubetti, fichi secchi tagliati a cubetti o a strisce, un etto di semi di girasole, 1 bicchiere di riso crudo, 1 o 2 bustine di pinoli e 2 o 3 etti di riso soffiato per cani. Preparazione. Mettere in una terrina tutti gli ingredienti con l'esclusione della margarina, si mescola tutto in modo da creare un prodotto il più possibile omogeneo. A parte la margarina in una pentola va fatta scaldare finché non si scioglie completamente. Si versa la margherina fusa sopra la terrina. Si deve mischiare con un cucchiaio o con le mani per ottenere un impasto omogeneo. Con le mani si formano delle tortine a forma di palla e si mettono a raffreddare a parte. Il sostentamento per far sopravvivere pettirossi, merli e passeri è servito.

(cri. gia. )

(Articolo tratto dal "Giornale di Vicenza" di un 21 gennaio)

giovedì 10 dicembre 2009

Partire e ricordare

Partire è come un po' morire.
Tu adesso lo sai, perchè tutto ritorna anche se non vuoi.
E scordare, e scordare è più difficile.
Ora sai che è più difficile, se vuoi ricominciare.

Partire, partire, come un tuffo in fondo al mare.
Ricordare, ricordare quel che c'è da cancellare.
E scordare, e scordare è che perdi cose care.
E scordare, e scordare finiranno gioie rare.

Ma perchè partire è sempre un tuffo nel mare dell'ignoto, un dolore, un'insopprimibile angoscia, quasi che partendo si perda se stessi?
Eppure, è sempre così.
Per altri è rinascere, evadere, cambiare, conoscere.
Spasmo dell'attesa.
Incubo da ignoto.
E poi, ogni volta, non vorrei tornare.
Come un fulmine, poi la tempesta e quando tutto torna normale, la saetta dell'istante che ha illuminato di nuovo la vita è per sempre, irrimediabilmente scomparsa dall'orizzonte.
Inabissata nel ricordo, non tornerà mai uguale, forse con sembianze diverse, ma mai la stessa.
E allora resterà il rimpianto, ancora una volta, di non aver vissuto hic et nunc.
E il ricordo è vita.
Ma partire è sempre morire.
L'esperienza non mi insegna ed io mi sento sempre più idiota.
Anche Ulisse è tornato, ma lui, intanto, ha vissuto per venti lunghi anni senza lasciarsi vivere o vivendo poi del ricordo di ciò che non ha saputo vivere hic et nunc. Ha vissuto mordendo la vita, l'avventura, la scoperta, interpretando con audacia il ruolo dell'intelligente esploratore, imparando, conoscendo, apprezzando. Senza che fosse la memoria a creare i miti, ma essendone protagonista.
A me resta solo l'amarezza di saper inventare il passato, senza vivere il presente, benchè sogni sempre il futuro.
Quando si chiuderà il cerchio?
Quando mi deciderò a vivere?



venerdì 4 dicembre 2009

Pane e sale

E mangio pane
pane e sale
e il cielo piove giù
con lacrime d'alto mare
acqua che non si ferma più

Ma salgo ancora
nuove scale
e vedo ancora più in là
la luce chiara di domani
precipitando
esplode già

E al mattino
sembra tutto
aria serena
e il dolore
si confonde già

E il mattino
sembra un fiume
dopo la piena
nella pace
rifluisce già

Guarda ai miei occhi
come piove
guarda i miei occhi per te
fa che ritorni
presto il sole
e che si posi
in fronte a me

E il mattino
sarà tutto
aria serena
e la luce
ci confonderà

E il mattino
come un fiume
dopo la piena
nella pace
rifluisce già

E il mattino
sarà tutto
aria serena
e la luce
ci confonderà

E il mattino
come un fiume
dopo la piena
nella pace
rifluisce già

E mangio ancora
pane e sale
e il cielo piove giù
con lacrime d'alto mare
acqua che non si ferma più

Zucchero

mercoledì 25 novembre 2009

M.P., Via del Cielo, destinazione Paradiso

Un sorriso si è spento e due occhi azzurri di rara dolcezza hanno smesso di scrutare ed amare il mondo.

Nella vita chi non fa quello che avrebbe dovuto fare versa in uno stato di colpa.
La mia è quella di aver permesso al tempo di sottrarmi la possibilità di esprimere il mio affetto, giustificare la mia assenza e spiegare il mio "mostro".
"Un giorno lo farò", mi dicevo per rassicurarmi e tacitare la mia coscienza.

Ora non mi resta che abbassare lo sguardo e subire l'onta del silenzio.
Del silenzio che non potrà più dare voce a nessun grido.
Rimpianto e pentimento coincidono e si perdono in un urlo inespresso.


Il grido attraversò il buio
fino all’altra sponda
o nemmeno sfiorò
lo spessore della notte, né l’invocazione
né la divinità poterono fare nulla
con l’aria impenetrabile – tanto sfiorì
una vita,
tanto chi doveva sentire
non sentì.

Cesare Viviani, Passanti

lunedì 23 novembre 2009

la vita e la morte

Stasera è arrivata una brutta notizia, come un fulmine ad illuminare un cielo terso.
Una cugina, già malata, ma per la quale i medici avevano escluso allo stato una prognosi infausta, si è improvvisamente aggravata.
Ieri netto miglioramento, oggi improvviso aggravamento.
Mala sanità del sud Italia.
Incredibile nel XXI secolo, in Europa, ma tant'è.
Da noi ci sarebbero state le strutture adatte, innanzitutto a scongiurare il peggioramento delle sue condizioni, ma poi anche per riportarla in una situazione di equilibrio, senza che una banale influenza potesse crearle delle complicanze respiratorie così serie.

Da ragazzina mi ero molto legata a questa persona, con la quale cercavo di trascorrere il maggior tempo possibile durante le vacanze estive.
A casa sua, con coetanei e adulti che ho imparato ad amare giorno dopo giorno e che mi hanno voluto bene come fossi una figlia o una sorella, ho speso le mie giornate migliori di quell'età.
Spensieratezza, gioia di vivere, considerazione e attenzione per le piccole cose, semplicità (e anche buona cucina, sana allegria, sole caldo e mare cristallino), ma soprattutto affetto capace di trascendere qualsisi distanza erano gli ingredienti di quelle lente giornate infuocate d'agosto, in cui il tempo sembrava fermarsi, lasciandoti addosso il senso vero della vita e la capacità di soffermarti su ciò che conta veramente.
Te ne accorgi non quando sei fuori nella luce, ma quando guardi l'asfalto che si spezza sotto il sole attraverso le persiane. E talvolta, purtroppo, è tardi, troppo tardi.

Poi è arrivato il "mostro", era dentro di me, ma si è travestito da Nemesi e mi ha condannato a soffrire tanto quanto avevo gioito e ha condizionato sentimenti e partecipazione, ha limitato frequentazioni e contatti e infine ha cancellato nel silenzio e nel distacco gli affetti.
Una parte di me l'ha proprio uccisa.
E insieme a quella parte di me tutti gli altri soggetti coinvolti sono stati costretti ad accettare, obtorto collo, un progressivo allontanamento, subendo l'onta delle mancate, seppur dovute e doverose, giustificazioni, affogate nel silenzio.
Ancora una volta alla vendetta del male oscuro si è contrapposto l'amore silenzioso del rispetto, che non ha chiesto, non ha condannato, non ha infierito e si è sublimato nella silenziosa comprensione priva di domande.

Ho messo all'ostracismo una parte di me stessa, quella stessa parte che non ho saputo curare fino a tempi più recenti, permettendo che il dolore mi vincesse, mentre lo allontanavo con la mano e mi incancreniva il braccio, tetragona a qualsiasi forma quanto meno di autodifesa, incapace di reagire se non agitandomi, ma nulla concludendo.

Stasera il dolore per questa situazione è acuito dall'impossibilità (forse è troppo tardi) di tornare indietro per rimediare all'inspiegabilità di quel silenzio, per emendare quell'errore incolmabile ed anche tragicamente inespiabile, per colmare la solitudine di quei silenzi, per cancellare il dolore o la disillusione che ho cagionato e per restituire a chi stava in mezzo - esattamente tra me e tutti loro - la libertà dal condizionamento che per amore mio si sono imposti per anni, lasciando che i rapporti sfumassero e sfidando persino il rischio di apparire ingrati oltre che maleducati.

Tanto è cambiato da allora e tanto sono cambiata da allora.
A volte è più la paura di aver paura che la paura effettiva, la codardia che spinge ad allontanare il calice amaro piuttosto che assumersi tutto d'un colpo le proprie responsabilità.
Si dice che sono troppe, ci si giustifica adducendo la pochezza dell'essere umano, si trovano i "se" ed i "ma". Ma questo sappiamo benissimo che è solo il tentativo, vano e ridicolo, di nascondersi dietro ad un dito, troppo sottile per celare le dimensioni di certi agiti talmente indegni di costituire parte di un'esistenza da negarla nel loro manifestarsi.

Si invocano le seconde possibilità, i buoni propositi e ancora si cade nella logica illogica del rintracciare a tutti i costi una giustificazione, attanagliati da rimorsi e pentimenti in un circolo vizioso senza fine.

La vita e la morte, gli opposti che si ricongiungono, con la vita in mezzo di chi vive strattonato tra redenzione ed errore, speranza e tragica consapevolezza del non ritorno, occasioni sprecate e occasioni perse, contingenze invocate e mai propostesi sulla via.
Una sorta di nord e sud dell'anima, dove i chilometri di distanza sono un eterno ritorno dell'uguale laddove si spreca la nuova occasione e il limite invalicabile tra gli opposti quando si cerca con metodica abnegazione di perseguire il proprio obiettivo.

Finchè c'è vita, però, c'è speranza.

Lacrime di pioggia

Lacrime di pioggia
il tuo ricordo mi parla
Dalla mia finestra
io guardo il mondo che passa

Ed ogni giorno ci sarai ogni minuto che vorrai ad ogni passo della vita
E quale strada sceglierai che direzione mi consiglierai ad ogni passo della vita
Sei solo un ombra ma la tua voce mi parla
io che ho creduto e credo in te tutto l'amore che hai per me
ridallo al cuore di tua madre
dalla tempesta dal grande sogno del nulla
e molto presto capirai che tutti gli anni che vivrai cancellano
i peccati suoi

Nei suoi pensieri io vivrò con le sue mani ti accarezzerò
ad ogni passo della vita
Stringila forte quando avrà paura che c'è il mio amore che non l'abbandona
ad ogni passo della vita

Lacrime di pioggia
il tuo ricordo mi parla
Dalla mia finestra
io guardo il mondo che passa

Lacrime di pioggia
Lacrime di pioggia


Antonello Venditti

giovedì 19 novembre 2009

I numeri immaginari ed il loro valore simbolico

«Ehi, tu l’hai capita bene poco fa?»
«Che cosa?»
«La storia dei numeri immaginari».
«Sì. Non è poi così difficile. Bisogna solo ricordare che l’unità di calcolo è data dalla radice quadrata di meno uno».
«Ma è proprio questo il punto. Quella radice non esiste. Qualsiasi numero, che sia negativo o positivo, elevato al quadrato dà un valore positivo. Per cui non può esserci un numero reale che sia la radice quadrata di qualcosa di negativo».
«Giustissimo; ma perché non si dovrebbe tentare ugualmente di applicare l’operazione dell’estrazione della radice quadrata anche a un numero negativo? Naturalmente questo non potrà dare alcun valore reale, e infatti anche per questo il risultato è detto immaginario. È come se si dicesse: qui di solito si siede sempre un tale, perciò mettiamoci anche oggi una seggiola; e se anche fosse morto nel frattempo, facciamo come se venisse».
«Ma come si può se si sa con certezza, con matematica certezza, che è impossibile?»
«Appunto, si fa come se fosse possibile. Un qualche risultato ne uscirà. In fondo, con i numeri irrazionali non è la stessa cosa? Una divisione che non finisce mai, una frazione il cui valore non risulterà mai e poi mai per quanto tu continui a calcolare. E che mi dici, poi, del fatto che due parallele si devono incontrare all’infinito? Io credo che a essere troppo scrupolosi la matematica finirebbe per non esistere più».
«Questo è vero. Se uno se l’immagina così, è davvero bizzarra. Ma la cosa singolare è proprio che ciononostante con quei valori immaginari o comunque impossibili si possono fare calcoli perfettamente reali e raggiungere alla fine un risultato concreto!»
«Beh, per arrivare a questo i fattori immaginari devono elidersi a vicenda durante il calcolo».
«Sì, sì, tutto quello che dici lo so anch’io. Ma pure non resta un che di curioso in tutta la faccenda? Come posso spiegarmi? Prova a pensarla così: in un calcolo del genere, tu all’inizio hai dei numeri solidissimi, in grado di quantificare metri, pesi o qualsiasi altro oggetto concreto, comunque numeri reali. Alla fine del calcolo, lo stesso. Ma l’inizio e la fine sono tenuti insieme da qualcosa che non c’è. Non è un po’ come un ponte che consti soltanto dei piloni iniziali e finali, e sul quale tuttavia si cammina sicuri come se fosse intero? Un calcolo del genere mi dà il capogiro; come se un pezzo del cammino andasse Dio sa dove. Ma la cosa davvero inquietante per me è la forza insita in questi calcoli, una forza capace di sorreggerti fino a farti arrivare felicemente dall’altra parte».

Da I turbamenti del giovane Törless (1906) di Robert Musil

mercoledì 18 novembre 2009

Sinfonietta

L'errore è cercare di
dare un senso all'assurdo,
alla fame dell'anima,
all'indolenza che alloppia
la mente e le mani,
all'eterno sussurro di
ciarlatani caduti e
venditori di oroscopi

(Da SINFONIETTA Angelo Maria Repellino)

sabato 14 novembre 2009

Stage door

Mi sembra di viaggiare
in zone rarefatte del pensiero,
dove si affina la mia disposizione a vivere
che si inebria di stili e discipline.
In un insieme
irridente di parche voglie,
celebro il mio vanto i miei sensi la mia unicità.

Furono giorni di stanchezza assurda e depressiva,
di una totale mancanza di lucidità.
Quando ti chiedi in qualche letto sconosciuto,
che cosa hai fatto e perchè vivi in tanta estraneità.

Sapessi che dolore l'esistenza
che vede nero dove nero non ce n'è.
Il fatto è che non posso più tornare indietro
che non riesco a vivere con te né senza di te,
credimi.

Ma io vorrei essere un'aquila
vedere il piano del mondo che inclina verso di noi
e le leggi che si inchinano
lanciarmi a inseguire il tuo deserto
e i poteri solenni
e le porte dorate
cominciare di nuovo il viaggio.

Franco Battiato

martedì 10 novembre 2009

Russian Roulette

Take a breath, take it deep
Calm yourself, he says to me
If you play, you play for keeps
Take the gun, and count to three
I’m sweating now, moving slow
No time to think, my turn to go
And you can see my heart beating
You can see it through my chest
And I’m terrified but I’m not leaving
Know that I must pass this test
So just pull the trigger

Say a prayer to yourself
He says close your eyes
Sometimes it helps
And then I get a scary thought
That he’s here means he’s never lost
And you can see my heart beating
You can see it through my chest
And I’m terrified but I’m not leaving
Know that I must must pass this test
So just pull the trigger

As my life flashes before my eyes
I’m wondering will I ever see another sunrise?
So many won’t get the chance to say goodbye
But it’s too late too pick up the value of my life
And you can see my heart beating
You can see it through my chest
And I’m terrified but I’m not leaving
Know that I must must pass this test
So just pull the trigger

Rihanna

Nessuno

C’è una strada per andare dove l’odio non c’è
Senza muri né paure senza più bandiere su di noi

Qui non c’è nessuno che vuole sentirti gridare più forte
Qui non c’è nessuno che vuole vederti volare nella notte

Solo un passo nel futuro per sentire com’è
Non è tempo di fuggire è tempo di tornare a vivere
Qui non c’è nessuno che vuole sentirti gridare più forte
Qui non c’è nessuno che vuole vederti volare nella notte
Meglio che non dici a nessuno che in fondo ancora stai sperando
Meglio che non alzi la voce se rompi il silenzio cantando

C’è una sola direzione per uscire da qui
Ed è arrendersi incondizionatamente all’amore e dire di si

Ma qui non c’è nessuno che vuole sentirti gridare più forte
Qui non c’è nessuno che vuole vederti volare nella notte
Meglio che non dici a nessuno che in fondo ancora stai sperando
Meglio che non alzi la voce se rompi il silenzio cantando
E ti troverai nell'istante in cui ogni sguardo sarà spento e gelido
E ti sembrerà che davvero tu sbagli sognando contromano
Tu sbagli sognando

Giovanni Pellino

giovedì 5 novembre 2009

Sapevo il credo

Il vento bussa forte, si aspetta il temporale
e l'odore della pioggia si sente fino a qua
mi ricordo da bambino, gli occhi chiusi dopo il tuono
andava via la luce, ma tu non eri là

Il pane quotidiano per scongiurare il peggio
mia madre dietro ai vetri che pregava Dio
dietro una candela accesa, io sul muro ero un gigante
fai che smetta adesso, fai che non piova più

Meglio sarebbe, che non ti avessi amato
sapevo il credo ed ora l'ho scordato
e, non sapendo più l'ave Maria,
come potrò salvare l'anima mia

La sera si tornava con nelle tasche niente
si riposano bestemmie, ma la fatica no
c'è un sapere in ogni vita, più prezioso dei diamanti
poi si cancella tutto, ma la memoria no

Meglio sarebbe che non ti avessi amato
sapevo il credo ed ora l'ho scordato
e, non sapendo più l'ave Maria,
come potrò salvare l'anima mia

Meglio sarebbe che non ti avessi amato
sapevo il credo ed ora l'ho scordato
e, non sapendo più l'ave Maria,
come potrò salvare l'anima mia
come potrò salvare l'anima mia

Cristiano De Andrè

mercoledì 4 novembre 2009

L'araba fenice
















La scelta implica sempre una cesura
(Alessandro e il nodo gordiano).
La cesura uccide.
Dalla morte rinasce la vita.

mercoledì 28 ottobre 2009

La zingara

Strada vuota.
La solita zingara, con la testa quasi completamente nascosta dal suo foulard e avvolta nel suo impermeabile kaki quattro stagioni, appare improvvisamente all'angolo della piazza, sciolta nei movimenti e dall'incedere perfettamente coordinato.
Mi vede.
Improvvisamente, in tre passi, recupera il suo solito aspetto da manichino dinoccolato e si protende verso di me.
"Ciao carìina" - mi dice con tono cantilenoso e poi agginge l'immancabile "tànti augùuri, buòna fortùuna", salvo poi imprecare, invocando contro di me le peggio cose, non appena la supero, facendo finta di niente e soprattutto senza darle la "monetìina" richista (del resto la incontro sul mio percorso casa-studio e studio-casa, non posso mica fermarmi quattro volte al giorno!).

Giro l'angolo, percorro la stradina che conduce alla piazzetta successiva e mi imbatto in un'altra simile figura.

"Forse mi sono sbagliata", sussurro tra me e me, pentendomi sinceramente di aver erroneamente e maliziosamente voluto cogliere l'inganno nelle sembianze della prima zingara.
Mi convinco che forse è questa seconda quella deformata dall'ingiuria della malattia, ma poi il mio occhio cade sulle calzature: questa indossa scarpe di panno nero, è meno sciancata e, benchè mi auguri le stesse cose e chieda la medesima monetina, indossa una palandrana diversa e tieni i piedi paralleli.

L'altra, invece, la stessa che in vie secondarie della città ho già visto camminare perfettamente eretta e con passo spedito con il bastone sotto l'ascella (del resto che differenza c'è tra lei e me? Lei si porta quell'attrezzo per il suo mestiere, io tengo in mano una banalissima borsa), indossa sempre degli inconfondibili zoccoli bianchi, che, ritengo, siano un altro aggeggio di scena: servono per sottolineare - sporgendo insolenti da sotto il lungo impermeabile kaki - la (abilmente procurata) deformazione dei piedi.

Mi chiedo se dopo le ore trascorse per mesi (se non per anni) in quella posizione per attirare la pietà e soprattutto la carità della gente, certi soggetti, che, riconosco, non rispetto, non certo per la loro indigenza, ma per l'abuso della credulità dei distratti passanti, colpendo soprattutto i portafogli, spesso già magri, di anziani e bambini, più suscettibili ad intenerirsi, non finiscano davvero per ammalarsi costringendo il loro corpo ad assumere pose innaturali se non addirittura contro natura.

Sono arrivata a destinazione, come dimostra il fatto che io stia scrivendo queste cose.
Forse, almeno per adesso, le imprecazioni di cui sono stata bersaglio all'angolo della piazza, non hanno ancora avuto effetto.

mercoledì 21 ottobre 2009

La prigione

Stamattina ho incontrato una donna.
Un incidente stradale l'ha privata anni addietro della capacità di camminare normalmente.
Era ancora giovane quando accadde, ma suo marito non l'ha mai lasciata, nonostante tutto.
Nonostante le difficoltà e nonostante le rinunce.
Probabilmente l'avrebbe sposata anche se l'incidente fosse capitato prima che si sposassero.

La vita e gli eventi, tuttavia, non l'hanno affatto incattivita.
Ogni volta che la vedo, benchè litighi costantemente con la lentezza delle sue stampelle, ha sempre pronto un sorriso da regalare ed un'innata capacità di dire qualcosa che, anche se apparentemente buttato là quasi per caso o tanto per dire, stilla speranza e ottimismo per tutti.

E così oggi mi ha raccontato che ha fatto un viaggio con il marito per il loro anniversario di matrimonio e che durante questa piacevole circostanza è purtroppo caduta ben 3 volte.

Come Gesù. E come Lui, si è anche rialzata. E si è ripresa la sua croce.
Con determinazione, con coraggio.

Ma la cosa più grande è che lei non ha raccontato di questi 3 episodi lamentandosene o per lamentarsi ed ottenere commiserazione, ma concludendo la triste elencazione con un moto di speranza ispirata.
Ha solo detto che sperava che il Signore le avesse mandato queste prove tutte in una volta, così per un po' di tempo sarebbe stata libera.

Questa donna, io credo, è davvero eccezionale.
Non è eccezionale subire le conseguenze del caso, in questa fattispecie, di un incidente, anche se è una cosa che non capita a tutti.
Lo è piuttosto la serafica accettazione del destino che lei dimostra.

E ciò nonostante il destino non sia stato generoso con lei.
Il destino l'ha voluta prigioniera del suo corpo.
Poteva portarsela via, oppure immobilizzarla per sempre, deturparle i tratti del volto, le ha reso le gambe un peso più che il puntello, ma ha voluto lasciarle il sorriso.
Forse il destino l'ha resa strumento degli altri.
E forse gli altri, che poi siamo tutti noi, non hanno il tempo di accorgersene, per distrazione, per disinteresse, forse finanche per scaramanzia, e sprecano l'occasione.

A volte mi chiedo, nel mio elucubrare, se si possa essere prigionieri anche della mente.
Il corpo può essere una prigione nel momento in cui costituisce un limite a ciò che si vuole fare.
La mente, invece, è una prigione a ciò che si vuole essere.
Persino se si vuole essere se stessi, anzi, soprattutto.

Ci sono dei cortocircuiti imbarazzanti, se vogliamo fare i moderni, gli anglofoni, potremmo dire che certi loop rapiscono e coinvolgono l'anima stessa in una sorta di centrifuga della razionalità, capace di annientarla, ma di rendere iperbolica la forza di quello che Pessoa definiva lo "sdormire".
Io direi "sragionare", ma forse è solo una congettura presuntuosa pretendere che il mio "sragionare" sia il suo "sdormire".

In comune questi due modi di "svivere" hanno di sicuro il dramma di giocare sull'orlo del limite, al punto da non comprendere che cosa sia reale e cosa sia già possesso rispettivamente del sonno o dell'irrazionalità.

In entrambi c'è qualcosa di ossessivo, di ripetitivo, di eraclitiano, forse.
Tutto scorre e, mentre si ripete, non è mai uguale. Diviene.
Non si può tornare due volte nello stesso fiume, perché né l'uomo né le acque del fiume sono gli stessi.
Mentre siamo "Di passaggio" non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume.
E così intanto passa ignaro il vero senso della vita.

[Callimaco - Dicendo; "Addio sole!"
Cleombroto d'Ambracia
da un alto muro
si gettò nell'Ade.
Non gli era capitato alcun male
che fosse degno di morte;
aveva solo letto
uno scritto di Platone:
quello intorno all'anima.]
Nemmeno nei corsi (e ricorsi) storici di vichiana memoria si rinviene la stessa ossessiva ricerca del diverso-uguale. Ne sfugge il senso, e tutto finisce per cadere nella ripetizione, distraendo l'attenzione da ciò che diviene, troppo presi dall'innato ed istintivo anelito del cuore a immedesimarsi e soffrire come l'altro, come nell'altra epoca e la "scienza nuova" finisce con il coincidere con la possibilità oggettiva che il "ricorso" storico sia altamente probabile, benchè non sia una legge universale.

Il ricorso ha luogo quando il dominio della ragione cade nell'astrattezza, quando si ha l'inaridimento del sapere, quando si ha la perdita della memoria del passato.
Se ciò avviene, l'uomo è senza radici e si crede artefice arbitrario della propria storia.
La storia non è una sorta di sviluppo unilineare e progressivo dove non c'è errore o decadenza o male (per questo la storia non giustifica, ma giudica).
Ma se "gli uomini prima sentono senza avvertire; dappoi avvertiscono con animo perturbato e commosso, finalmente riflettono con mente pura", come si fa ad escludere che in questo sentire istintivo che diventa percezione ed infine pensiero non ci sia un divenire?

Sento più calzante al mio modo d'essere interpretare i "ricorsi"come un modo rassicurante di interpretare un "corso" di vita che è comunque in divenire.

Il problema, e qui torno alla riflessione da cui sono parita perdendomi in una digressione ben più ampia del sospettato, è l'ossessività della mente e la capacità del pensiero di imprigionare l'essere e forse, quindi, anche l'anima.

E non ce la si può neppure prendere con la crudeltà del destino, perchè noi siamo ciò che pensiamo e il rimprovero può, tutt'al più, convergere sulla qualità della nostra stessa essenza.
Non si può inveire contro il destino perchè ha messo un ostacolo sulla nostra strada, ma casomai perchè ci ha fatto in un certo modo.
E questo stesso elucubrare intorno all'ossessività è sintomo di "non essere".

lunedì 19 ottobre 2009

Un'altra vita - La cura - Di passaggio... come dire, segunda-feira (de Lisboa)

"Non servono tranquillanti o terapie
ci vuole un'altra vita."

"Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore,
dalle ossessioni delle tue manie."








[Eraclito - È la stessa cosa, che è viva e morta,

che è desta e dormiente, che è giovane
e vecchia. Queste cose infatti,
ricadono nel mutamento in quelle,
e quelle viceversa in queste.]



Franco Battiato

venerdì 9 ottobre 2009

Menaggio, oggi

Spumeggianti nubi basse tingevano di latte il rosso acceso delle viti del canadà e preparavano la culla per fitte lacrime di pioggia.

venerdì 2 ottobre 2009

Demons

Have you ever been lost in a different world
Where everything you once knew
Is gone
And you find yourself powerless
With everything that exists
You're numb

Will I ever break free

I searched my world but I can't find you
You're standing there but I can't touch you
Try to talk but the words are just not there
I can feel a sense of danger
You stare at me like I'm a stranger
Paralyzed and you don't seem to care
The demons in my dreams

If you become a nobody
Blind, to your family
Who would you be?
And life has gone into reverse
Re-living every hurt
Along the way

Everything that you fear is calling you and drawing near

I searched my world but I can't find you
You're standing there but I can't touch you
Try to talk but the words are just not there
I can feel a sense of danger
You stare at me like I'm a stranger
Paralyzed and you don't seem to care
The demons in my dreams

Wake me up and let's go, yeah
I'm about to explode
Yeah

I searched my world but I can't find you
You're standing there but I can't touch you
Try to talk but the words are just not there
I can feel a sense of danger
You stare at me like I'm a stranger
Paralyzed and you don't seem to care
The demons in my dreams

Brian McFadden

L'inquietudine

Lo so, alla fine va sempre a finire così...

Quando sento dentro quella strana sensazione e capisco che ormai non è più possibile nè sopraffarla nè soffocarla, mi ritrovo davanti alla libreria in cui sono raccolti i miei amati libri e la mano cade lì, sempre, sullo stesso ripiano.

Il dito indugia, ma poi prima sfiora e poi sfila, come vittima di un incantesimo e seguendo sempre lo stesso rito, così che la mano lo possa afferrare, il LIVRO DO DESASSOSSEGO di Pessoa.

E ogni volta lo spunto offerto da questo "libro-progetto", per dirla con Trabucchi, regala una chiave di lettura nuova. Del testo e della vita. Anche della mia.

domenica 27 settembre 2009

Lode alla birra

Aiuti l'uomo a ricordar le fole,
aiuti il vecchio a scordar la morte,
nel buio fitto fai brillare il sole,
insegni a camminare a gambe storte.

Condanni come Frischero l'astemio,
consoli il becco delle corna sue,
all'ultimo regali il primo premio,
al posto d'uno fai vedere due.

L'abate

sabato 26 settembre 2009

Riflessione

Il rischio di perdersi come condizione per scoprire se stessi.

Sulla tomba dell'inquisitore Nicola Eymerich

Hic jacet R.P.Fv. NICOLAUS EYMERICI, qui fuit predicator veridicus, inquisitor intrepidus et doctor egregius. Nam ultra XI sacra volumina compilavit, et etiam XL annis pro fide cattolica viriliter decertavit.

L'avvocato

"L'avvocato libero dalle pastoie che inceppano gli altri uomini, troppo altero per avere protettori, troppo modesto per avere protetti, senza schiavi e senza padroni, è l'uomo nella sua dignità primigenia, qualora un tal'uomo esistesse tuttodì sulla terra.
E' senz'armi, ma spaventa la forza, senza forza arresta la violenza, senza apparato riduce il fasto alla modestia e la modestia al timore, attrae senza coazione, si fa seguire senza impero"

avv. Giurata, 1878, Torino.
Citazione tratta da un saggio di Fernanda Contri, che aggiunge: "Forse sono cose dette con tono aulico intorno ad un tipo di avvocato tradizionale che forse va anche scomparendo, ma non debbono essere dimenticate. La nostra, quella di avvocati, è una professione umanamente ricca, civilmente degna, perchè nelle esperienze di avvocato, la nostra esperienza di avvocato così coinvolta nelle asperità del nostro tempo, dura, resiste, e significa una scheggia precisa di verità, cioè di umanità".

lunedì 7 settembre 2009

Parole da non dimenticare

La morale è chiamata a fecondare il diritto; essa può esercitare una funzione di anticipo sul diritto nella misura in cui gli indica la direzione del giusto e del bene.

Giovanni Paolo II, discorso al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, Città del Vaticano, 13 gennaio 1997, in Parole da non dimenticare - ed. Paoline, 2005, p. 45

venerdì 4 settembre 2009

Preferisco il rumore del mare

Fabbricare fabbricare fabbricare
Preferisco il rumore del mare
Che dice fabbricare fare e disfare
Fare e disfare è tutto un lavorare
Ecco quello che so fare.



A questa poesia di Dino Campana si ispira l'artista biellese Ugo Nespolo nella realizzazione dell'opera in fotografia, collocata sul lungomare di San Benedetto del Tronto.
La Scultura "Lavorare, lavorare, lavorare..... " è del 1998, è altra 7,3 metri, larga 5 e profonda 3,2. Si tratta di un acrilico su legno.

Per il rientro in studio, nulla di più riappropriato.
E adesso si lavora. Davvero.

sabato 29 agosto 2009

Destini...

La scia vischiosa del tempo soffoca aneliti e vite. Panìa per anime perse, falso incantesimo, miraggio. Fasti marmorei sbrecciati invocano antichi regni perduti. Solo l'umile fatica, decorosa e silente avanza, piano, nel solco profondo dell'eterno. Una realtà, due destini. Vite bruciate nel tempo. Vite serbate all'eternità. E cos'è mai l'eterno? Amore riconosciuto e grato, sapienza dell'essere, silenzio che sa urlare vita... vita... vita...

Luigi Regianini

venerdì 21 agosto 2009

Tracce...

Notte stellata o pomeriggio afoso: tempo di vacanza.
Vagare con la mente e inseguire le tracce dell'assoluto, di ciò che confusamente ci avvolge e ci penetra, ma che non sa mostrarsi con chiarezza.
Solo il pensiero può guidare per certi sentieri e nessun dono sarà più grande di questo: percorrere le strade aperte dalle grandi menti, dai poeti e dai pensatori che... hanno visto, che hanno afferrato la realtà profonda e l'hanno descritta con parole che tutti possono comprendere.
Basta esistere ed amare.
A furia di temere la semplicità, stiamo dimenticando di "essere" e diventiamo "nullità" che non sanno imprimere nel mondo amore e gioia di vivere.

mercoledì 24 giugno 2009

L'uomo coi capelli da ragazzo

L'uomo avrà quarant'anni
e i capelli da ragazzo
in mezzo al cortile tiene
l'anima per sè
Il medico lo guarda
il medico tranquillo lo ascolta
gli lascia servire in tavola
tutte le volte che c'è.
Così parlano del tempo
di questo vento che porta via
e ancora del mare
di questo bel mare di Lombardia
che cresce attorno ai muri
come seminato a grano
quando d'estate canta e soffia
qualche vapore lontano.

Chi venisse a prenderlo
una domenica
vedrebbe che bel mare che c'è.

Qui il ricordo non è uomo
e il più delle volte nemmeno donna
qui è il tempo che sta seduto
a mettere i nnumeri in colonna
Non per tracciare una rotta
che non si può dare una via
quando ad un acuto dolore segue
una più acuta fantasia,
L'uomo avrà quarant'anni
e i capelli da ragazzo
in camera ha un ritratto che
si è fatto da sè.

Chi venisse a prenderlo
una domenica
vedrebbe che bel mare che c'è.

Ivano Fossati
da La pianta del tè (1988)

martedì 23 giugno 2009

La disciplina della Terra

La disciplina della Terra
sono i padri e i figli
i cani che guidano le pecore
tutti quei nomi dimenticati
sotto la mano sinistra del suonatore.

Solo l'amore non va così
a me pagano il giusto in questa vita mi pare
anche per vedere bene
per inseguire e per ascoltare.

Perché la vita non va così
è la disciplina della Terra.

Tu sei più bella di ieri vita
che a tutti ci fai battere il cuore
ed è proprio questo che mi piace tanto
ma non so scrivere e non so dire
non so chinare la testa
che non si china la testa
e non si regala l'intelligenza e la compagnia
e non è il caso di aspettare
non è il caso di aspettare
mai più.

Perché la vita non va così
è la disciplina della Terra.

Me ne stavo qui con gli occhiali al soffitto
a innamorarmi dei colori delle cose
ma desiderare non basta
da così lontano non basta.

Ora ho un contratto con gli angeli
e ti ritrovo di sicuro vita
in qualche mese d'agosto accecante
o in un tempo meno illuso
che vuoi tu.

Perché la vita non va così
è la disciplina della Terra.

Ivano Fossati

lunedì 8 giugno 2009

Stati di gioia

Le azioni del mondo non influenzano il sole
e i nemici è sicuro sono dentro di noi
com'è possibile restare ciechi per così lungo tempo

Mi trovavo a lottare contro i miei fantasmi
spostandomi in avanti per quanto lo permette la catena
scopersi per caso lo stato che ascende alla Gioia

Masticavo semi di mela alla luce del mattino
le increspature dell'aria sembravano pulsare
mi giungevano frasi, odori di erbe bruciate
scintille di fuochi suoni lontani

Masticavo semi di mela alla luce del mattino
le increspature dell'aria sembravano pulsare

Era l'estate del '63 un pomeriggio assolato
da un juke-box di un bar completamente vuoto
"She loves you ye ye ye"

Riti di purificazione dentro stati di Gioia
senza Luce né Oscurità

Franco Battiato

venerdì 5 giugno 2009

???

Ma tutto questo dolore,
mi chiedo,
a cosa serve?

venerdì 8 maggio 2009

Halo

Remember those walls I built
Well baby they’re tumbling down
And they didn’t even put up a fight
They didn’t even make a sound
I found a way to let you in
But I never really had a doubt
Standing in the light of your halo
I’ve got my angel now

It’s like I’ve been awakened
Every rule I had you breakin’
It’s the risk that I’m takin’
I ain’t never gonna shut you out

Everywhere I’m looking now
I’m surrounded by your embrace
Baby I can see you halo
You know you’re my saving grace
You’re everything I need and more
It’s written all over you face
Baby I can feel your halo
Pray it won’t fade away

I can feel your halo, halo, halo
I can see your halo, halo, halo
I can feel your halo, halo, halo
I can see your halo, halo, halo

Hit me like a ray of sun
Burning through my darkest nights
You’re the only one that I want
Think I’m addicted to your light
I swore I’d never fall again
But this don’t even feel like fallin’
Gravity can’t forget
To pull me back to the ground again

I can feel your halo, halo, halo
I can see your halo, halo, halo
I can feel your halo, halo, halo
I can see your halo, halo, halo

Halo, halo oohhhh…

I can feel your halo, halo, halo
I can see your halo, halo, halo

Beyonce

lunedì 27 aprile 2009

I Dreamed a Dream

Fantine - I Dreamed a Dream

[Fantine is left alone, unemployed and destitute]

[FANTINE]
There was a time when men were kind
When their voices were soft
And their words inviting
There was a time when love was blind
And the world was a song
And the song was exciting
There was a time
Then it all went wrong

I dreamed a dream in time gone by
When hope was high
And life worth living
I dreamed that love would never die
I dreamed that God would be forgiving
Then I was young and unafraid
And dreams were made and used and wasted
There was no ransom to be paid
No song unsung, no wine untasted

But the tigers come at night
With their voices soft as thunder
As they tear your hope apart
And they turn your dream to shame

He slept a summer by my side
He filled my days with endless wonder
He took my childhood in his stride
But he was gone when autumn came

And still I dream he'll come to me
That we will live the years together
But there are dreams that cannot be
And there are storms we cannot weather

I had a dream my life would be
So different from this hell I'm living
So different now from what it seemed
Now life has killed the dream I dreamed.

Hugo - I miserabili

mercoledì 8 aprile 2009

Io cerco me

Io cerco me negli occhi tuoi
Ma son le tre e dormi ormai
Io cerco me e tu non sai
Che mondo c’è fuori di noi
Io cerco me e vado via
Come un Van Gogh verso la follia
Ti lascio qui accanto a me
E vado via senza di te
Nella cattedrale del silenzio
Le tue labbra della verità
Sciolte nel sorriso dell’inizio
Sveglio nel domani che verrà
Io cerco me nell’anima, nelle odissee
Degli uomini e a modo mio se ancora c’è
Io cerco un Dio
Che venga giù insieme a noi
Nelle città coperte di avvoltoi
Che venga giù e resti qua
Negli occhi eroi di chi non ce la fa
In questa anidride malinconica
Nei cortili della povertà
Dove sui bambini tutto nevica
E si muore mentre stiamo qua
Io cerco me nell’anima
In te che sei il glicine
Dei giorni miei ancora in te
Io cerco me
E so che tu ci sei… tu ci sei
Non dormi neanche tu
E in fondo agli occhi tuoi
Io non mi cerco più

Umberto Tozzi

giovedì 2 aprile 2009

Tobia

Vado a casa e casa non ce l’ho..... oh love
Vado a casa e casa non la so
Ho provato a stare senza te..... oh love
Son perduto e son tradito
Ma ti sto annusando
E ti sto cercando

E non so mica dove sei
Stanco più stanco al vento
Che piove già
Sta gocciolando

In questa notte sola che
Cancella i passi e il tempo
Cancella me, cancella il mondo

Notte aperta che non ho chiuso più.......... x te
Chiama e forse t’intercetterò
Chiama forte che non mi trovo più.......... oh love
Son tradito e son perduto

Ma ti sto cercando
E ti sto annusando

E non so ancora dove sei
Stanco più stanco al vento
Che piove già
Sta gocciolando

In questa notte sola che
Cancella i passi e il tempo
Cancella me, cancella il mondo

Guardo fuori
Dove va la strada
Dei perduti odori

(Vieni, la notte è aperta per te)

Questa notte di porte, di carezze
E di stelle aperte di notte

I need somebody to love
I need somebody to love

I need somebody to love
I need somebody to love

Amore in mano al vento
Non piove ma
Sta gocciolando

In questa notte sola che
Cancella i passi e il tempo
Cancella me, cancella il mondo

I need somebody to love
I need somebody to love

Zucchero

Mi desto dal penoso sonno solo

Mi desto dal penoso sonno solo
nel cuore della notte.
Tace intorno
la casa come vuota e laggiù brilla
silenzioso coi suoi lumi un porto.
Ma sì freddi e remoti son quei lumi
e sì alto il silenzio nella casa
che mi levo sui gomiti in ascolto.
Improvviso terrore mi sorprende
il fiato e allarga nella notte gli occhi:
separata dal resto della casa
separata dal resto della terra
è la mia vita ed io son solo al mondo.

Poi il ricordo delle trite vie
e dei nomi e dei volti consueti
emerge come spiaggia da marea
e di me sorridendo mi riadagio.

Ma svanita col sonno la paura,
un gelo in fondo all'anima rimane:
io tra gli uomini vado
curioso di lor ma come estraneo;
ed alcuno non ho nelle cui mani
metter le mani
e col quale di me dimenticarmi.

Camillo Sbarbaro

lunedì 30 marzo 2009

Il volo

Ho camminato per le strade
Col sole dei tuoi occhi
Ci vuole un attimo per dirsi addio
Che bella quiete sulle cime
Mi freddi il cuore e l'anima
Ci vuole un attimo per dirsi addio
Per questo troppo amore
Per noi
Per questo bel dolore
Ti prego no,
ti prego lo sai
Sogno
qualcosa di buono
Che mi illumini il mondo
buono come te
Che ho bisogno
di qualcosa di vero
che illumini il cielo
proprio come te

Ho visto il sole nei tuoi occhi
calare nella sera
Ci vuole un attimo per dirsi addio
Che bella quiete sulle cime
mi freddi il cuore e l'anima
Ci vuole un attimo per dirsi addio
Ma dove andranno i giorni
e noi
Le fughe e poi i ritorni
ti prego no
ti prego lo sai
Sogno
qualcosa di buono
che mi illumini il mondo
buono come te
Che ho bisogno
di qualcosa di vero
che illumini il cielo
proprio come te

Siamo caduti in volo
mio sole
Siamo caduti in volo
Siamo caduti in volo
mio cielo
siamo caduti in volo
Per questo amore immenso
per noi
e il grande volo che ho dentro
Sogno
qualcosa di buono
che mi illumini il mondo
buono come te
Che ho bisogno
di qualcosa di vero
che illumini il cielo
proprio come te
Sogno
qualcosa di buono
che mi illumini il mondo
buono come te
buono come te

Zucchero

venerdì 27 marzo 2009

Ho scelto te

Nel silenzio della notte
io ho scelto te.
Nello splendore del firmamento,
io ho scelto te.
Nell'incanto dell'aurora,
io ho scelto te.
Nelle bufere più tormentose,
io ho scelto te.
Nell'arsura più arida,
io ho scelto te.
Nella buona e nella cattiva sorte,
io ho scelto te.
Nella gìoia e nel dolore,
io ho scelto te.
Nel cuore del mio cuore,
io ho scelto te.

S. Lawrence

Hai scelto me

Hai scelto me
Oh no
Quando capita.
Ho scelto te
non lo so
quando capita

so che mi sento diverso
quasi disperso
hai scelto me
e adesso che... e ...

ho scelto te
amore mio
se ti capita fa
che sia tutto diverso...

Fa che sia tutto diverso
c'è un uomo perso
sul treno che
precipita...
che un cielo terso
accendi il blu
se tu...

Hai scelto me
passa di qui
se ti capita

Zucchero

mercoledì 25 marzo 2009

Vita

Non, Vita, perché tu sei nella notte
la rapida fiammata, e non per questi
aspetti della terra e il cielo in cui
la mia tristezza orribile si placa:
ma, Vita, per le tue rose le quali
o non sono sbocciate ancora o già
disfànnosi, pel tuo Desiderio
che lascia come al bimbo della favola
nella man ratta solo delle mosche,
per l'odio che portiamo ognuno al noi
del giorno prima, per l'indifferenza
di tutto ai nostri sogni più divini,
per non potere vivere che l'attimo
al modo della pecora che bruca
pel mondo questo o quello cespo d'erba
e ad esso s'interessa unicamente,
pel rimorso che sta in fondo ad ogni
vita, d'averla inutilmente spesa,
come la feccia in fondo del bicchiere,
per la felicità grande di piangere,
per la tristezza eterna dell'Amore,
per non sapere e l'infinito buio...
per tutto questo amaro t'amo, Vita.

Camillo Sbarbaro

martedì 24 marzo 2009

Siamo tutti costretti, per rendere sopportabile la realtà, a coltivare in noi qualche piccola pazzia.

Marcel Proust

domenica 22 marzo 2009

La persona che ha una così detta “depressione psicotica” e cerca di uccidersi non lo fa aperte le virgolette “per sfiducia” o per qualche altra convinzione astratta che il dare e avere nella vita non sono in pari. E sicuramente non lo fa perché improvvisamente la morte comincia a sembrarle attraente. La persona in cui l’invisibile agonia della Cosa raggiunge un livello insopportabile si ucciderà proprio come una persona intrappolata si butterà da un palazzo in fiamme.

Non vi sbagliate sulle persone che si buttano dalle finestre in fiamme. Il loro terrore di cadere da una grande altezza è lo stesso che proveremmo voi o io se ci trovassimo davanti alla finestra per dare un’occhiata al paesaggio; cioè la paura di cadere rimane una costante. Qui la variabile è l’altro terrore, le fiamme del fuoco: quando le fiamme sono vicine, morire per una caduta diventa il meno terribile dei due terrori. Non è il desiderio di buttarsi; è il terrore delle fiamme. Eppure nessuno di quelli in strada che guardano in su e urlano “No!” e “Aspetta!” riesce a capire il salto. Dovresti essere stato intrappolato anche tu e aver sentito le fiamme per capire davvero un terrore molto peggiore di quello della caduta.


David Foster Wallace, Infinite Jest, Einaudi 2006

mercoledì 18 marzo 2009

Il male di vivere

Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l'incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

Eugenio Montale, Ossi di Seppia, 1925

martedì 17 marzo 2009

Gatti intellettuali

Gatti lunari








































immagini copiate da: http://miezekatzen.tumblr.com/

giovedì 5 marzo 2009

Tu che sei parte di me

[Gianna Nannini]
{Insieme Gianna Nannini e Pacifico}

Le tue braccia lunghe
spalancate all'aria
Solo nel vento sei sempre felice
E butta via i ricordi,
getta ogni cornice,
lascia spazio alle cose a venire
Fuori... c'è una notte intera
Puoi perderti!...

Tu che sei parte di me
e lasci fuochi, piccole tracce
per riportarmi a casa
Tu che sei parte di me
Ultima luce, ultima insegna accesa...

E ogni nuova paura
alza il fumo negli occhi
e le parole cominciano male
E ti riuscissi a dire,
riuscissi a spiegare
È solo pelle che inizia a cambiare
Fuori... c'è una vita intera,
vuoi perderti?...

Tu che sei parte di me
e sciogli i nodi, le resistenze,
le mie mani chiuse
Tu che sei parte di me
e porti sogni e mi fai sorprese
Tu che sei parte di me...

Soli per la notte intera,
soli una vita intera

[Tu che sei parte di me
e lasci fuochi... piccole tracce
per riportarmi a casa
Tu che sei parte di me
Ultima luce,
ultima insegna accesa...]

{Tu che sei parte di me
e sciogli i fili, le resistenze,
le mie mani chiuse
Tu che sei parte di me}
stai nei sogni,
e mi fai sorridere [mi fai sorridere]

Fuori una notte intera
[Fuori una vita intera]...

Pacifico ft. Gianna Nannini

lunedì 2 marzo 2009

Chi più, chi meno

Vedi, anch'io ho i limiti miei,
E uccidermi ancora, non puoi,
Vedi, va così, la vita è di chi,
Più chiedi, e più, gli dai…

Un'altra guerra e sia,
L'ultima sulla pelle mia,
Là dove c'era ancora amore.

Chi più chi meno,
Senza rimorsi andava via,
Lasciando il vuoto, dove prima era poesia.

Tocca a te,
Dov'era un uomo, un ombra c'è,
Prenditi quello che rimane.

Chi più chi meno,
La tua stessa avidità,
Ladri di sempre, della notte che non che non sa.

Dietro di me, profili, e città,
Un uomo, che va, e non sente.

Chi, ti capirà, che siede al posto mio,
Che il mondo che vive, è il mio.
Un'altra guerra e sia.

Chi più chi meno,
Senza rimorsi andava via,
Lasciando il vuoto, dove prima, era poesia…
È crudeltà.

Tornare a vivere, chissà …
Tu mi hai insegnato, cosa è odiare …
Adesso insegnami, l'amore che cosa è.
E se domani avrà, due braccia anche per me…

Renato Zero

martedì 24 febbraio 2009

L'attesa

Sono nella condizione di chi aspetta,
ma non sa cosa aspetta
e si illude che l'attesa ristori il suo tormento.

Ma l'attesa porta la noia e
la noia finisce per uccidere.
Uccide dentro più di quanto
possa uccidere qualsiasi fenomeno esterno.
Corrode, logora, divora.

Aspiro alla saggezza degli eletti,
per credere nel giorno
del riscatto futuro.

lunedì 23 febbraio 2009

Gli opposti

Nulla è facile
e nessuno di noi può scavalcare gli ostacoli.
Non resta che sperare.
Anche se a volte mi chiedo che senso abbia
e se porti davvero a qualcosa.
Ognuno vive il suo dramma
e gli opposti non si troveranno mai
e la loro danza infinita,
mentre affascina,
distrugge con la magia
dell'inconciliabilità.

mercoledì 11 febbraio 2009

Inventi

Inventi le mie forme,
Lo stile, è quello tuo…
Poso per ore davanti a te,
Mi dipingi di sole, anche se non c'è…
A un tratto, trovo me!
Inventi quei colori,
Le ombre su di me…
Poi chiudo gli occhi sul nome mio,
Quel che inventi son sogni, son sempre io…
Mi sento, dentro te!
Poi, mi scopro lì a volare il cielo su di me,
Mentre la mia mano cerca te…
Arrossisci un po’… Ma non vuoi più mandarmi via.
Inventi, la poesia!
Inventi, la poesia!
inventi quella luce,
Ma sono gli occhi miei!
Mentre ti guardo io non so più,
Dove finisco io e cominci tu,
Il sogno, la realtà…
Ogni volta io rinasco nei pensieri tuoi,
Colorato e folle più che mai!
Arrossisci un po’… Ma non vuoi più mandarmi via.
…Inventi, la poesia!
…Inventi, la poesia!


Renato Zero

venerdì 6 febbraio 2009

Bist du mein?

[Atto Secondo, subito dopo il colloquio tra Isotta e Brangania]

Isotta getta a terra la fiaccola, dove a poco a poco si spegne.
Il venir meno della luce è il segnale per Tristano.
– Brangania si volge via costernata per raggiungere lungo una scala esterna i merli del castello, dove scompare lentamente.
Isotta osserva e spia, dapprima timidamente, lungo un viale.
Agitata da crescente desiderio, s’approssima al viale e spia con più sicurezza.
Fa cenni con un fazzoletto, prima più di rado, poi più fittamente, e infine sempre più veloce con appas-
sionata impazienza.
Un moto d’improvviso rapimento rivela ch’ella ha scorto in lontananza l’amico.
Ella si erge sempre più, e, per dominare meglio lo spazio, corre all’indietro verso la scala, e dal più alto gradino accenna all’amico che si approssima.


TRISTANO
(entra con impeto)
Isotta! Amata!

ISOTTA
(balzandogli incontro)
Tristano! Amato!

Impetuosi reciproci abbracci, durante i quali raggiungono il proscenio.

Sei mio?

TRISTANO
Ti tengo ancora?

ISOTTA
Posso abbracciarti?

TRISTANO
Posso crederlo?

ISOTTA
Alfine! Alfine!

TRISTANO
Al mio petto!

ISOTTA
Ti sento davvero?

TRISTANO
Ti vedo proprio?

ISOTTA
Questi i tuoi occhi?

TRISTANO
Questa la tua bocca?

ISOTTA
Qui la tua mano?

TRISTANO
Qui il tuo cuore?

ISOTTA
Son io? Sei tu?
Saldo ti tengo?

TRISTANO
Son io? Sei tu?
Non è inganno?

ENTRAMBI
Non è sogno?
Oh gioia dell’anima,
oh dolce, sublime,
audacissima, bellissima,
beatissima voluttà!

TRISTANO
Senza pari!

ISOTTA
Suprema!

TRISTANO
Sublime!

ISOTTA
Eterna!

TRISTANO
Eterna!

ISOTTA
Insospettata,
mai conosciuta!

TRISTANO
Sovrabbondante,
eletta e nobile!

ISOTTA
Grida di gioia!

TRISTANO
Estasi di voluttà!

ENTRAMBI
Celeste sublime
oblio del mondo!
Mio/a! Tristano mio!/Isotta mia!
Mia e tuo!
In eterno, in eterno insieme!

ISOTTA
Quanto a lungo lontani!
Quanto lontani sì a lungo!

TRISTANO
Quanto lontani sì vicino!
Sì vicino quanto lontani!

ISOTTA
Oh nemica dell’amico,
malvagia lontananza!
Esitante lentezza
di pigri tempi!

TRISTANO
Oh distanza e vicinanza,
duramente separate!
Cara vicinanza!
Deserta lontananza!

ISOTTA
Tu nel buio,
io nella luce!

TRISTANO
La luce! La luce!
Oh questa luce,
per quanto non si spense!
Il sole calò,
il giorno trascorse,
ma non soffocò
la sua invidia:
accende
il suo minaccioso segnale,
e lo infigge sulla porta dell’amata,
perch’io non vada da lei.

ISOTTA
Ma la mano dell’amata
spense la luce;
quel che la serva evitò,
me non spaventò:
in potere e protezione di donna Minne,
io sfidai il giorno!

da R. Wagner - Tristano e Isotta, tratto da Atto Secondo

sabato 31 gennaio 2009

Aforismi sugli animali (II)

Il cane è il miglior amico dell'uomo, soprattutto perchè non è un uomo.
Anonimo

Chi non ha mai posseduto un cane non sa cosa significa essere amato.
A. Schopenhauer

Se al tuo cane non piace una persona, probabilmente non dovrebbe piacere neppure a te.
Anonimo

Fissa lo sguardo del tuo cane e tenta ancora di affermare che la bestia non ha un'anima.
V. Hugo

Con la moglie non si sa, ma con il cane è giurata fedeltà.
Anonimo

Il cane ha un solo scopo nella vita: donare il suo cuore.
J.R. Ackerley

Un cane può esprimere di più con la sua coda in un minuto che il suo padrone con la sua lingua in ore.
Anonimo

Se prendi un cane che muore di fame e lo ingrassi, non ti morderà.
E' questa la differenza principale tra un cane e un uomo.
M. Twain

Al principio Dio creò l'uomo e, vedendolo così debole, gli diede il cane.
Toussenel

Facciamo sì che il miglior Amico dell'uomo abbia nell'uomo il suo miglior amico.
A.G.

Un cane è una delle poche ragioni che inducono alcune persone a fare una passeggiata.
O.A. Battista

Prendi un buon guinzaglio e un cane; ti sembrerà impossibile, ma dopo pochi giorni diventerete una cosa sola.
Reduce del Vietnam (pattugliamento unità cinofile cerca mine)

Aforismi sugli animali

Proteggere gli animali contro la crudeltà degli uomini, dar loro da mangiare se hanno fame, da bere se hanno sete, correre in loro aiuto se estenuati da fatica o malattia: questa è la più bella virtù del forte verso il debole.
G. Garibaldi

Gli animali hanno propri diritti e dignità come noi stessi.
M. Yourcenar

Se noi portiamo una croce, gli animali ne portano tre.
San Rocco

Il compito più alto di un uomo è sottrarre gli animali alla crudeltà.
E. Zola

Verrà il tempo in cui, anche l'uccisione di un solo animale sarà considerato un grave delitto.
L. Da Vinci

Vuoi essere simile alla natura degli dei?
Sii misericordioso con gli animali: la dolce misericordia è il vero segno della nobiltà.
W. Shakespeare

E' più importante impedire ad un animale di soffrire, piuttosto che restare seduti a contemplare i mali dell'universo pregando in compagnia dei sacerdoti.
Buddha

Quando un uomo vuole uccidere una tigre, lo chiama sport; quando una tigre vuole uccidere lui, la chiama ferocia.
G. B. Shaw

Puoi conoscere il cuore di un uomo già dal modo in cui egli tratta gli animali.
I. Kant

Noi dovremmo essere capaci di rifiutarci di vivere se il prezzo del nostro vivere fosse la tortura di esseri senzienti.
MK Ghandi

La grandezza di una nazione e il suo progresso morale si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali.
MK Ghandi

Fin tanto che l'uomo continuerà a distruggere tutte le forme di vita, ed a considerarle inferiori, non saprà mai cos'è la salute e, soprattutto, non troverà mai pace.
Pitagora

venerdì 16 gennaio 2009

Dammi la luna

Dammi la luna so che ce l'hai
in qualche tasca interna
la luna è un mondo e viaggia perciò
anche se sembra ferma
sai che io vivo il tempo che c'è
porto emozioni in giro con me
io vivo
giorni cantati
dammi l'estate più breve che c'è
ma intensa e colorata
come una corsa di biciclette
che ti sorprende sulla strada
dammi la luna ma prima che l'alba
butti le stelle in fondo al cestino
dei sogni
accartocciati
trovo che c'è fascino
trovo in te e in ogni senso
la magia del brivido
non ti spostare da qui
deve restare così
un mondo erotico un mondo esotico
guarda che il sole se ne va
e sopra il cielo rovescia già
la sua
spremuta di grossa arancia
guarda che cosa mi viene in mente
sarà la sete prepotente di te
lo vedi
pensiero che non si sgancia
da un sogno erotico da un sogno esotico
fammi giocare fammi dormire
ma per svegliarmi presto
fammi cadere in un sonno leggero
ti chiedo solo questo
dammi la luna più matta che c'è
per una notte sparisci con me
domani è già ritorno
domani è un altro posto

Eros Ramazzotti

martedì 13 gennaio 2009

Manichini

Chi ti muove i fili, è Dio o satana ?!
Chi ti muove i fili, è maschio, o femmina ?!
Chi ti prega, chi ti odia, chi ti aspetterà…
Qualcuno, o qualche cosa, i fili, certo, muoverà!
Manichini,
senza volto, senza età…
Fili sottili uniti, per fatalità…
Un destino uguale, una stessa verità!
Il manichino ha un’anima,
e forse non lo sa!
E’ troppo presto, per andare…
Troppo presto, per capire…
Troppo presto, per morire…
Perché, presto, non si sa!
Quando la ragione,
che i tuoi fili muoverà,
è soltanto, il tempo…
E troppo presto, arriverà!
Chi ti muove i fili,
è un padre ubriaco, da far pietà!
Son pochi i fili
che muove tua madre,
che troppi figli ha!
Il progresso gioca,
Contro la tua ingenuità!
Ma c’è la tua coscienza,
e, prima o poi, la spunterà!
Manichini,
Senza volto, senza età!
Manichini,
nelle mani di chi è manichino, già!
Manichini,
in vecchie facce!
Manichini, noi!
Manichini,
Saremo sempre, fino a quando lo vorrai!
Il manichino si lascia andare…
S’abbandona al tuo volere…
Il manichino spera sempre,
Che la sua sorte cambierà…
E’ un fedele amico,
Fino a quando scoprirà,
Che può andare solo…
I primi passi, muoverà!
Quando ai manichini,
Un significato dai!
Fra quei manichini,
Tu, non resterai…
I manichini, crescono,
Ma in loro crescerà…
Nella pelle di un uomo…
Come si sta!!!
Andiamocene, noi due!
Quando ai manichini un significato dai,
Fra quei manichini tu non resterai…
I manichini crescono ma in loro resterà
La voglia di provare nella pelle di un uomo come si sta!?!?
Manichini, manichini ah! Ah!
Manichini, manichini ah!


Renato Zero

Volti sbiaditi,
realtà posticce
impomatate come velcri,
luci pallide di aspirazioni false,
cucite addosso
senza pietà e rispetto dell'essere.

A volte il tutto produce il nulla
e dal nulla nasce il tutto
e ciò che è insperato
è la fortuna di un sogno che si avvera.

Ama, vivi.
Non per loro.
Amo, vivo, per me.
E nessuno può cancellare
una realtà sognata.

domenica 11 gennaio 2009

Vivo

Vivo!
Il mio alibi è che…Vivo!
Tentazioni e mai la volontà…
di finirla qua!

Vivo!
Da un bicchiere vuoto… Bevo!
Ho venduto al mondo i sogni miei,
la mia pelle, mai!

E… Nonostante tutto…
Resto, io!
Io… Che ancora credo,
e ancora spero, io!

Io, mendicante disteso al sole,
Sacco di stracci, senza più parole…
Non chiedo a Dio, se c'è…
Se c'è ha pietà di me!

Vivrò!
Cent'anni e una vita, in più!
E che il conto torni o no…
Io me ne fregherò!

Vivrò!
Nel ghetto dei miei perché…
Finché avrò un respiro, per me!

Vivo!
Sul mio viso il tempo ambiguo
lascia i segni di chi è nato già
Da un'eternità...
E tutto il bene l'ho buttato via…
per qualche donna
e un po' di compagnia…
La vita… Questa gran signora…
Si paga a ore come una puttana…
È così cara che è un lusso, averla… Tu!

Vivrò!
Morendo ogni giorno, un po'!
Finché avrò un respiro…
Vivrò!!

Renato Zero

giovedì 8 gennaio 2009

De Vinculis

Giordano Bruno

De vinculis in genere

C'è questa necessità: colui che deve legare deve possedere una teoria universale delle cose, per essere in condizione d'incatenare l'uomo, che di tutte le cose è, per così dire, l'epilogo. Nella specie umana è possibile invero scorgere le specie di tutte le altre cose, soprattutto per via proporzionale o numerica; a modo di esempio, infatti, alcuni degli uomini si rapportano ai pesci, altri agli uccelli, altri ai serpenti o rettili, vuoi secondo genere, vuoi secondo specie. A ciascuno degli uomini, poi, tocca per accidente diversità d'uso, di consuetudine, di scopo, d'inclinazione, di temperamento, di età: e così come favoleggiano di Proteo e di Acheloo, è possibile immaginare uno stesso soggetto in atto di trasmigrare di forma in forma, di figura in figura; sicché a vincolarlo si devono adoperare continuamente specie sempre nuove di nodi. Si aggiunga inoltre la valutazione dei modi di vita degli uomini: i quali sono giovani o vecchi; e, quanto a collocazione civile, mediocri o nobili e ricchi e potenti e fortunati; e supponi ancora che siano invidiosi e ambiziosi; o soldati e mercanti ed altri di tal fatta, posto che sono queste le persone che si assumono nei vari ruoli della civile amministrazione, dove si adoperano come mezzi o strumenti, ponendosi quindi la questione del vincolarli a sé. Non pare, insomma, che vi sia realtà alcuna che sfugga ad una riflessione sui rapporti civili in questa prospettiva: nella misura in cui gli uomini vincolano o sottostanno a vincoli o sono essi stessi vincoli o circostanze vincolanti. Perciò abbiamo aggiunto questo intreccio di riflessioni, che s'intitola Il vincolo in generale.

Le forze che legano, in prospettiva generale.

I. Specie delle forze che legano.

Le forze che legano in prospettiva universale sono il Dio, il Demone, l'Animo, l'Essere animato, la Natura, la Sorte e Fortuna, infine il Fato. Questo grande reticolo di vincoli, che copre l'universo e non può essere designato con unica denominazione, non lega sotto specie e senso di corpo: il corpo infatti non percuote il senso da sé, ma attraverso un genere di energia che nel corpo risiede e dal corpo procede. E questa energia che metaforicamente si designa come la mano che lega: e questa che, con varia preparazione, si piega ed orienta a gettare i suoi lacci.

II. Effetti delle forze che legano.

Questa è la forza che legando, come dicono i platonici, adorna la mente con l'ordine delle idee; colma l'animo con l'ordinata sequenza delle argomentazioni e coi discorsi ben calibrati; feconda la natura con semi svariati; dà forma alla materia con la varietà infinita delle sue situazioni; vivifica, placa, accarezza, stimola ogni realtà; ed ogni realtà ordina, promuove a vita, governa, alletta, infiamma; ed ogni realtà muove, e apre, e riempie di luce, purifica, gratifica, porta a pienezza.

III. Si lega con l'arte.

L'artefice lega con l'arte: poiché l'arte è la bellezza dell'artefice. Davvero, come torpido e ottuso vede la bellezza delle cose naturali e di quelle prodotte dall'arte colui che contemporaneamente non intuisce l'ingegno che tutte le ha poste in essere e non sente ammirazione per esso. A uno così "le stelle non narrano la gloria di Dio"'; sicché non a Dio, ma agli effetti di Dio con anima da bruto) egli dedicherà la sua tenerezza ecc.

IV. L'uomo si lega in molti modi.

Tra le cose che hanno la capacità di legare, un numero maggiore, come è giusto, lega gli uomini che non gli esseri bruti; un numero maggiore gli esseri di ingegno più vivo che non quelli più ottusi: giacché i primi abbondano di facoltà e potenzialità più numerose, hanno l'occhio volto a più parti, circostanze e scopi, conseguentemente sono trascinati da impulsi più numerosi.

V. Il senso è mezzano per il vincolante.

Libidine rada e stimolata dal solo impulso naturale lega l'uomo ottuso. Il suo alimento si limita a poche varietà e grossolane. Non lo addolcisce il fine parlare, non lo stuzzicano le delicatezze d'amore, la musica, la pittura, tutte le altre leggiadrie di natura non lo toccano.

VI. Perché non basta un solo vincolo.

Da più cose, dunque, io sono avvinto, più persone, perciò, sento che mi avvincono, perché diversi e distinti sono i gradini della bellezza. Assieme costui da una parte, altri da altra parte, mi bruciano e avvincono con varia ragione. Se ogni ragione si agglomerasse su una persona sola, forse per tutti e fra tutti una sola persona mi piacerebbe. Ma finora ciò non ha permesso natura, preferendo distribuire separatamente lacci di bellezza, ilarità, bontà e degli stati diversi e contrari a questi, e offrirli distintamente e separatamente secondo la molteplicità delle parti della materia. Accade invero talvolta che uno si incateni ad un solo oggetto (vuoi per torpidità di senso, cieco e pigro a tutti gli altri aspetti del reale; vuoi per vigore di un solo legame, che lo inchiodi e stritoli in maniera tanto esclusiva, che in conseguenza la sensibilità per le altre cose si allenti, si sgretoli, sparisca). Ma questo capita raramente e a pochi: come ad alcuni, che per speranza di vita eterna o per certo fervore di fede o convinzione sono apparsi così rapiti in animo, così disgiunti, in certo senso, dal corpo, così vigorosamente catturati dall'oggetto cui si erano legati in pensiero e fantasia, che hanno dato l'impressione di non avvertire neppure l'orrore dei tormenti: come è manifesto nel caso del filosofo Anassarco e nel galileo Andrea e nel presbitero Lorenzo e in altri che, anche nel nostro tempo, per un simulacro di religione, si sono fatti sicari di re e di principi. Ma con appoggio di ragione in Diogene cinico ed in Epicuro: che incatenato il loro animo secondo questo criterio, con disprezzo delle cose e delle parvenze d'opinione, in conformità a principi ed ordini di natura, rimuovevano le sensazioni di tutti i piaceri e di tutti i dolori.., e ritenevano di aver raggiunto il sommo bene che in questa vita è concesso alla condizione umana, quando conservavano il loro animo librato in una sorta di voluttà eroica, oltre il dolore, oltre il timore, e l'ira e le altre grigie emozioni; e disdegnando le cose ignobili di questa vita, fluttuanti nella temporalità, testimoniavano di aver toccato una vita simile a quella degli dei anche in questo corpo mortale; e così ritenevano di aver conseguito per sé e di aver indicato agli altri il bene più alto, la virtù più sublime.

VII. Perché a chi lega occorre genio.

Si dice che colui che vincola con superiorità di genio vincola altrui senza essere vincolato a sua volta; e che il vincolo reciproco è proprio di due ingegni che stanno in equilibrio e che esso, insomma, risiede, per così dire, in un equilibrio di qualità. Ma secondo questa opinione conseguirebbe che il genio muta e si altera di continuo secondo che si alterano forme, temperamenti e specie: perché chi avvince essendo fanciullo, non avvince alla stessa maniera quando è giovane; e quello che la fanciulla affascinava non ne subisce più il fascino quando essa è donna fatta. Non va quindi ricondotto ad un solo e semplice principio il legame di un essere composito e naturalmente vario e costruito persino di contrari.

VIII. Chi è vincolato più facilmente.

L'uomo, che sia autenticamente uomo, è vincolato soprattutto dall'aspetto delle cose più degne. E a lui piace assai più vivere nell'attesa di queste cose più degne, che nell'effettivo possesso delle cose vili. Della fruizione di queste facilmente proviamo nausea; ma in quale fiamma ci consumiamo per quelle che non si prestano a facile possesso!

IX. Lo stesso lega allo stesso modo cose contrarie.

Confusi, e in un certo senso anche contraddittori, sembrano essere i vincoli pur provenienti da uno stesso genere di vincolante, quando si guardano i contrastanti effetti ed affetti del vincolo. Si consideri, ad esempio, colui che è imbrigliato dai vincoli di Cupido: lo si vedrà pur da un solo ed identico fuoco, pur dalla percezione di un solo ed identico legame, spinto a grida e silenzio, letizia e tristezza, speranza e disperazione, timore e audacia, ira e mitezza, pianto e riso. Da ciò i versi:
Io che porto d'amor l'alto vessillo
Gelata ho speme e li desir cocenti,
A un tempo agghiaccio e fremo, ardo e sfavillo
E, muto, colmo il ciel de strida ardenti.
Dal cuor scintille e da gli occhi acqua stillo,
E vivo e muoio, e fò risa e lamenti;
Ho vive l'acqui e l'incendio no' more
Che han Theti a gli occhi e ha Vulcano al cuore.

X. Chi lega non lega cose diverse con lo stesso vincolo.

Nulla è assolutamente bello, se vincola in quanto gioioso, nulla assolutamente buono, se vincola in quanto utile, nulla assolutamente grande, se è finito. In materia di bellezza guarda come lo scimmione piaccia alla scimmia, il cavallo alla cavalla, e come neanche Venere possa piacere a specie diversa dagli uomini e dagli eroi. In materia di bene considera come tutte le cose constano di contrari, come per alcuni dei viventi le cose buone si trovino sotto le onde, per altri nell'asciutta terra; per alcuni tra i monti, per altri nelle pianure; per quelli negli abissi, per quegli altri sopra le alte vette.

XI. Chi vincola.

Di conseguenza, sa vincolare solo colui che penetra la ragione di tutto; o almeno natura, disposizione, inclinazione, e attitudine, e utilità e scopo di quella particolare realtà che deve essere vincolata.

XII. Nessun particolare vincola tutto.

Ciò che è bello e buono e grande e vero in assoluto vincola in assoluto ogni affetto ed ogni intelletto. E ancora: non si lascia sfuggire nulla, abbraccia tutto, tutto investe di desiderio; ed è a sua volta desiderato e ricercato da più esseri, perché il suo vigore si manifesta con vario genere di vincoli. Quindi noi desideriamo fruire dell'abbondanza di più arti, non perché sia l'essere in universale che genera stanchezza, ma quest'essere qui, fatto in questo modo, quell'altro là, fatto in quel modo. Non dandosi dunque alcuna cosa particolare che sia assolutamente bella, buona, vera ecc. e nulla essendovi, non solo al disopra del genere, ma neppure entro il genere e la specie, che possa vincolare in maniera semplice attraverso parità di livelli, nondimeno l'aspirazione al bello, al buono ecc. è in tutte le cose; infatti tutte le cose aspirano ad essere assolutamente e sotto ogni aspetto belle, almeno secondo la condizione del proprio genere e della propria specie. Diversa è infatti la bellezza e la bontà di una specie da quella di un'altra; e in questa domina uno dei contrari, un altro in altra. E tutta la bellezza e tutta la bontà, anche di una sola specie, non si può conseguire che nella totalità della specie e attraverso tutta l'eternità, inseguendola per tutti gli individui singolarmente presi di quella specie. Dimostrò ciò, a proposito della bellezza umana, il pittore Zeusi, che compose la sua Elena di parecchie fanciulle di Crotone. E invero, posto anche che potesse darsi una fanciulla bella sotto ogni riguardo, una beltà completa, come potrebbe essa rappresentare il bello in generale, constatandosi che nella femminilità sono presenti varianti innumerevoli di bellezza del corpo, delle quali in un solo soggetto si raccolgono solo alcune? La bellezza, infatti (consista essa in una cosiddetta misteriosa simmetria o in qualche altra cosa incorporea che pur traspare nella natura corporea), è una realtà molteplice che germina da radici innumerevoli. Quindi: come la grumosità di una pietra non quadra, s'accorda, si lega, con la grumosità di qualsiasi altra pietra, ma solo quando coincidono rientranze e sporgenze; così non qualsiasi aspetto troverà albergo in qualsiasi animo. Dunque individui diversi soggiacciono al vincolo di oggetti diversi; e anche se è identico l'oggetto che vincola Socrate e Platone, esso vincolerà diversamente l'uno e l'altro; e certe cose scuotono la moltitudine, certe altre solo poche persone; e altre gli uomini e le nature virili, altre le donne e le nature femminee.

XIII. Vari strumenti di chi vincola.

La natura ha disperso, diviso, in un certo senso disseminato alla ventura oggetti di bellezza, bontà, verità e dignità; perciò più persone possono vincolarci per più ragioni e in relazione a diverso fine. Ci vincola e ci si rende amabile il buon agricoltore, per altra ragione ci tiene legati un cuoco o un soldato, un musicista, un pittore, un filosofo, un ragazzo; e questa ragazza perché sì muove bene, quella perché parla meglio. Ora, non c'è alcuno tra costoro che da solo abbia tutto e sotto ogni aspetto; ma colui che, secondo specie e guise, sarà trovato abile e fortunato in più cose, quello avvincerà più persone, dominerà su più persone, e attraverso più persone trionferà su tutto, all'interno della sua specie.

XIV. Opportunità di chi vincola.

Come si danno tempi diversi, ed occasioni diverse, e si succedono diversi stati d'animo e la misura non è una sola e sempre la stessa; così per converso non si dà alcunché che sia uno e semplice e di qualità e quantità identica, che possa piacere ugualmente a tutti, gratificare ugualmente tutti, o magari anche solo una sola persona o persone singole in tempi diversi: per esempio, sempre lo stesso cibo o la stessa quantità e qualità di cibo. E il criterio vale per tutte le cose che vincolano il nostro desiderio.

XV. Differenze delle cose vincolanti.

E vi sono le cose che vincolano per virtù propria; ed altre che vincolano per qualche loro proprio aspetto, che può essere una parte o una quantità; ed altre ancora che vincolano in ragione di altra cosa cui si affiancano, si subordinano, o rendono possibile: tale un bell'edificio che si erge come risultato di parti senza forma.

XVI. Diverse posizioni di chi vincola.

Molte cose ancora ci sono, che pur essendo belle, ci legano tuttavia in quanto buone: un cavallo, una nave, una casa, una statua, un cane e un uccello. E un uomo bello non ci lega al punto di essere ritenuto anche buono, come uno buono al punto di esser visto come bello: infatti può accadere che alla bellezza si accompagni colpa ed errore. Si faccia il caso di una donna bella e povera: è più esposta a tentazioni, è più facilmente allettata dai doni. Diversa è la regola dei diversi, contraria quella dei contrari, simile quella dei simili.

XVII. Sedi di ciò che vincola.

Pensano alcuni, come i platonici, spingendo poco a fondo le distinzioni, che l'elemento vincolante sia un'immagine della cosa, che passa dalla cosa all'anima e tuttavia non si stacca dal suo soggetto: come il fuoco, che non si affievolisce comunicando la propria immagine, o appunto come una qualsiasi immagine che è prima nel suo soggetto, poi nello specchio, poi nello spazio intermedio e infine nell'occhio. Eppure, approfondendo la riflessione, troviamo che nel corpo, in particolare nel corpo sensibile, c'è sì la sostanza del vincolo, ma alla maniera dell'anima: la cui condizione si manifesta nei suoi effetti e pur non occupa nel corpo alcuna parte definita. E invero se la ferita d'amore proviene dagli occhi, o dalla bocca o dal colorito, si vedrà tuttavia che non sta in quelle sedi semplicemente, né si scopre partendo da quelle, né proviene semplicemente da quelle: poiché gli occhi visti da sé e separatamente non hanno la stessa forza che ricavano dalla giustapposizione alle altre parti del volto; e considerazione analoga vale per la bocca, il naso, il colore, che sulla tavolozza del pittore potrà anche non piacere. Indefinita dunque e impossibile a circoscriversi è la ragione della bellezza, e analogamente della bontà; o della gioiosità. Per giunta non tutta la spiegazione del vincolo è da cercare nel soggetto, bensì anche nell'altra parte non meno importante: in ciò che viene legato. Infatti, dopo un pasto si rifiuta il cibo che prima si consumava golosamente: e la qualità e la sostanza del cibo non è mutata in nulla. I vincoli di Cupido, urgenti prima dell'abbraccio, a seguito di una piccola emissione di seme si fanno lenti e l'arsura si placa: eppure l'oggetto, il bell'oggetto, rimane là, identico. Dunque non ad esso va ricondotta la spiegazione generale del vincolo.

XVIII. Predisposizioni del vincolante.

Si dice che il vincolante si predispone a legare per tre vie: ordine, misura, aspetto. L'ordine configura il rapporto delle parti, la misura ne definisce il profilo quantitativo, l'aspetto si esprime in figure, contorni, colori. Nel vincolo vocale, ad esempio, l'ordine si manifesta nell'ascesa e discesa per grave, acuto e note intermedie; la misura nelle richieste terze, quarte, quinte, seste ecc. e nella progressione di toni e semitoni; l'aspetto in canorità, soavità, chiarezza. In tutte le cose che hanno predisposizione ad emettere vincoli, siano esse semplici o composte, queste tre vie sono proporzionalmente presenti.

XIX. Diversità delle predisposizioni.

In riferimento ai vincoli, c'è anche un'altra predisposizione: segnali, tracce, che si limitano ad indicare che l'animo è maturo; e per questa via l'animo è stimolato a ricercare un rapporto solo d'anima - contattare l'altro animo, unirsi ad esso - ; ma la grazia, che ha le sue premesse nella disposizione del corpo e delle sue parti o emana dalle vesti che avvolgono il corpo, incatena l'animo alla ricerca della fruizione corporea. Quando poi le premesse sono tanto nell'animo che nel corpo, spingerà con più vigore verso l'una e l'altra fruizione, incatenerà con più vigore da entrambi i principii. C'è chi è affascinato dall'animo a tal punto, che desidera anche il corpo, vaso di quello. E pochi puntano più all'animo, al punto da disprezzare anche qualsiasi aspetto corporeo, se manchino le premesse d'animo: come la fama narra di Socrate, che esigeva che il ragazzino grazioso si manifestasse a parole, prima di decidere del proprio amore verso di lui.

XX. Condizione del vincolante.

Gli adulatori ingrandiscono le virtù modeste, sfumano i difetti, scusano gli errori, riconducono le malefatte a ragioni di virtù: tacendo tutto ciò cautamente, per non scoprire la propria arte adulatoria. Così avviene che vincolino a sé le persone non particolarmente avvedute: perché essere amato, essere onorato fa grandissimo piacere a chiunque e il poter vincolare a sé qualcuno è indizio di una certa superiorità qualitativa.

XXI. Com'è vincolato chi vincola.

C'è gioia, e c'è un certo sapore di gloria, in colui che vincola: e tanto più grande, tanto più intensa, quanto più nobile e meritevole e alto è l'oggetto del vincolo. E in quella gioia, in quel sapore di gloria, poggia una valenza del vincolo, che fa sì che chi lega sia legato a sua volta da chi è legato. I vincitori lodando gli oggetti dei loro vincoli innalzano la propria vittoria, ingannando anche se stessi, per non dire gli altri: e ciò si fa anche in amore e nelle altre civili manifestazioni di vincoli. Oltre modo vile deve essere una persona che non ricambi con gratitudine d'animo chi l'ama, quando questi è meritevole e speciale o vincolato a lui in spirito per altra ragione.

XXII. Distinzione del vincolante.

C'è un genere di vincolante, in forza del quale aspiriamo a divenire degni, belli e buoni; ed altro genere, per cui desideriamo impadronirci del buono, del bello, del degno. Il primo tipo di vincolante proviene dall'oggetto di cui ci sentiamo manchevoli, il secondo da quello che possediamo maggiormente. E tra questi tipi di vincolante, non solo il bene vincola, ma la semplice opinione del bene. E il vincolo è sempre indisgiungibile da un certo tipo di proporzionamento e adeguamento. Addirittura ha più estesa efficacia la fantasia e l'opinione che non la ragione; perché agisce con più tesa energia di questa. E in verità molti che amano fuori del contatto della ragione (il che non significa senza l'impulso di una causa), sono certamente vincolati, ma ignorano da dove provenga il vincolo.

XXIII. Cecità del vincolante.

Occulta anche in grandissima parte (e anche ai sapienti) è la spiegazione dei vincoli: che vale infatti invocare analogia, somiglianza, comunanza di genere e voci di questo tipo senza senso, quando vediamo che l'uomo null'altro tanto odia quanto l'altro uomo, suo compagno di sorte, l'essere più simile a lui, ma talvolta anche null'altro tanto ama, e ciò per cause ignote? La spiegazione generale che si adduce non significa nulla, visto che c'è assenza di legame ed indifferenza tra cose che sono dello stesso genere e della stessa specie, come tra femmina e femmina, tra maschio e femmina (e aggiungi le condizioni di uomo fatto, di vecchio, di fanciullo). E che dirai del tipo d'amore per cose di cui si ha soltanto cognizione per sentito dire, che volgarmente viene descritto col termine "devozione"? L'uomo non vi è forse incatenato a cose superne e immateriali, anzi immaginarie e fuori d'esperienza? Tralascio di descrivere specificamente l'aspetto della potenza dei vincoli, mi limito a riferirmi alla potenza che si genera negli incantesimi. Né è vero che derivi dal bene, come sostiene qualcuno, la forza di un vincolo, visto che è più efficace il vincolo di una semplice opinione di bene; e neanche quella che emana da causa manifesta, più che da causa ignota. E abbiamo detto sopra come sono varie le differenze e le specificazioni del bene.

XXIV. Industriosità del vincolante.

Come gli ignoranti si lasciano legare da un adulatore accorto più che da un amico vero, così i vincoli e l'efficacia del vincolare si costituiscono e si sostengono con l'artificio: quando, ad esempio, uno sconsiglia la carriera militare a chi è timoroso, il sacerdozio a chi è selvaggiamente empio, o consiglia di curare i propri interessi a chi non ha amore per il prossimo; e, insomma, spinge le cose nella direzione verso cui sono più inclini, come chi vuole attirare a sè un cilindro lo rotola secondo il verso della rotondità e non per i piatti e le cornici.

XXV. Armi del vincolante.

Le armi di chi vincola sono di tre tipi. Il primo tipo sta in lui, e comporta due specie di armi: essenziali o naturali, vale a dire quelle che provengono dalla natura della specie; ed accidentali o aggiuntive, e cioè quelle che si associano alla natura della specie, come sono la sagacia, la saggezza, l'arte. Il secondo tipo sta attorno a lui: sorte, fortuna, caso, occorrenza, cose che ti vengono addosso. Il terzo tipo sta sopra di lui: fato, natura e favore degli dei.

XXVI. Vicenda del vincolante.

Fatte le debite proporzioni, in ogni operazione del vincolare avviene ciò che sperimentiamo di continuo nel coito o nel cibo. Siamo infatti attratti e vincolati da desiderio e amore per queste cose, ma non sempre delle stesse e nello stesso modo e nella stessa misura e con le stesse vicende di tempo. Infatti fluttua e precipita assieme al tempo la nostra struttura fisica e tutto cio che alla struttura fisica si accompagna. Quindi, con riflessione previdente e anticipatoria, bisogna conoscere in tempo il momento del gettare il vincolo, e cogliere con la maggior sveltezza la compresenza dell'oggetto, in modo che chi può tendere un laccio lo tenda e lo chiuda al più presto.

XXVII. Gli occhi del vincolante.

I vincoli sono sottili, ciò che viene soggetto a vincoli affiora appena alla sensibilità dai suoi recessi profondi, ed è possibile esaminarlo solo fuggevolmente come da una superficie, ed ancora è soggetto a trasformazioni momento dopo momento, rapportandosi a chi vuole imbrigliarlo nei suoi lacci non altrimenti che Teti quando sfugge agli abbracci di Peleo: bisogna quindi cogliere il ritmo del cambiamento, spiare nella forma che precede le potenzialità della forma successiva. Per quanto infatti la materia sia indefinitamente aperta a forme innumerevoli, tuttavia la sua forma presente non è a distanza eguale da tutte le altre possibili: tra esse ce n'è una sola che segue con immediatezza, altra segue con interposizione di più intervalli, altre con meno, un'altra ancora si colloca a maggior distanza tra tutte. Quindi come la forma sangue segue immediatamente la forma chilo, così al vincolo dell'indignazione succede quello dell'ira, ai vincoli d'ira succedono quelli di tristezza, come facilmente la bile rossa passa a quella scura. Sicché, penetrata a fondo la disposizione e la qualità presente del soggetto, Peleo progetta e predispone i vincoli per codesta Teti, prima che essa gli sfugga verso altre definite forme, ben sapendo che altri sono i modi di legare un serpente e altri quelli che servono per un leone o per un cinghiale.

XXVIII. Astuzie del vincolante.

Il vincolante non lega il vincolabile facilmente, come il condottiero non conquista facilmente una rocca ben fortificata, se il passaggio non gli viene aperto da un traditore che si trova all'interno, da un collaboratore che in qualche modo non cospiri o non si assoggetti o si presti comunque ad un accordo; così, nel suo terreno specifico, Venere non vincola e non conquista facilmente la rocca, quando i vasi sono vuoti, lo spirito inquieto, l'ansia bruciante; mentre spalancano la rocca i vasi tumescenti, l'animo sereno, la mente quieta, il corpo in riposo: ed è dopo aver studiato l'avvicendarsi di questi guardiani e sentinelle, che si deve osare rapidamente, attaccare con forza, agire con tutti i mezzi, non concedere tregua. Pratica da mantenere anche in tutte le altre operazioni del vincolare.

XXIX. Scala del vincolante.

Chi vincola, non incatena a sé l'anima se non l'ha rapita; non la rapisce se non incatenata; non l'incatena se non si congiunge a lei; non si congiunge se non la raggiunge; non la raggiunge se non per impetuoso avvicinamento; non si avvicina se non inclina anzi declina verso di lei; non inclina se non è mosso da desiderio, da appetito; non appetisce se non ha maturato conoscenza; ma non matura conoscenza se l'oggetto in figura o simulacro non si fa presente ai suoi occhi, orecchi, o alle percezioni del senso interno. Dunque conduce a destinazione i vincoli tramite la conoscenza in genere, porta ad intreccio i vincoli tramite la scossa emotiva in genere (dico conoscenza in genere, perché non si sa talvolta da quale dato conoscitivo si viene rapiti; e dico scossa emotiva in genere, perché neanche questa è agevole a definire).

XXX. Porte attraverso le quali il vincolante attacca.

Le porte per cui il cacciatore d'anime getta i suoi vincoli sono tre: la vista, l'udito, e la mente o immaginazione. Se riesce ad aprirsi un varco per tutte e tre quelle porte, vincola nel modo più rigoroso, allaccia coi lacci più stretti. Egli penetra la porta dell'udito armato di voce e del bel parlare che è figlio della voce; penetra la porta della vista armato di forma e gesto e movimento e figura adeguata; e la porta dell'immaginazione, della mente, della ragione, la varca coi comportamenti e le arti. Allora, la prima mossa è l'entrata, la seconda il contatto, la terza il vincolo, la quarta sarà l'attrazione. Il vincolato si fa incontro al vincolante per le aperture di tutti i sensi, a tal punto che, realizzato il legame perfetto, questo si trasferisce tutto in quello o arde dal desiderio di trasferirvisi, quando si tratta del vincolo di attrazione reciproca (poiché, paralleli a questi, si danno vincoli sgradevoli, di cui tratteremo parlando del vincolo naturale: come quello con cui il rospo attrae la faina per una sorta di misteriosa forza del suo soffio, e il gallo distrugge il leone col suo canto, e il muggine al semplice contatto blocca la nave, l'energumeno nella sua fantasia inghiotte il demone, e l'umore malinconico e ventoso funziona come una calamita per l'incubo). In conclusione questo campo del vincolante presenta trenta linee di forza e precisamente a partire da:

1. Aspetto.
2. Effetto.
3. Arte.
4. Numero.
5. Scala.
6. Moltitudine.
7. Genio.
8. Facoltà.
9. Coincidenza di contrarii.
10. Diversità.
11. Mediazione.
12. Favore o concorso di circostanze.
13. Mezzo.
14. Opportunità.
15. Differenza.
16. Diversità di attitudini.
17. Collocazione.
18. Predisposizione.
19. Diversità di predisposizioni.
20. Condizione.
21. Reazione.
22. Distinzione.
23. Cecità o ignoranza.
24. Industriosità.
25. Armi.
26. Avvicendamenti.
27. Occhi.
28. Lusinghe.
29. Scala.
30. Porta.

I vincolabili in generale.

I. Specie di vincolabilità.

Attorno a Dio (o natura universale o bene universale o bello in assoluto, che è centro del macrocosmo) sono quattro realtà in movimento disposte in modo che non possono, pena il loro annichilimento, distaccarsi da lui, né farne a meno più che non possa ciascuna circonferenza fare a meno del proprio centro; quattro realtà, ripeto, mobili di moto circolare attorno al proprio vincolante, disposte in tal modo che consistono eternamente nello stesso ordine. Sono, secondo la dottrina dei platonici, la mente, l'anima, la natura, la materia; la mente per sé stabile, l'anima per sé mobile, la natura parte stabile parte mobile, la materia totalmente mobile e totalmente stabile.

II. Condizione di vincolabilità.

Nulla è suscettibile di vincolo se non è predisposto nel modo più conveniente, perché quel fulgore non si comunica a tutte le cose in una sola guisa.

III. Forma di vincolabilità.

Tutte le cose che sono suscettibili di vincolo sentono in qualche modo nella sostanza di qual senso sia da reperire la loro specie determinata di conoscenza e la loro specie determinata di impulso: è così che il magnete attrae e respinge, secondo il genere degli oggetti. Dunque chi vuol vincolare deve in qualche modo indirizzare il suo senso a ciò che è vincolabile: e in verità il vincolo accompagna il senso delle cose, come l'ombra il corpo.

IV. Paragone dei vincolabili.

Rifletti: gli uomini sono più vincolabili che le bestie; gli uomini bestiali e stolidi non sono adatti ai vincoli eroici, a differenza di quelli che sono approdati a maggior chiarezza d'anima. In riferimento, poi, ai vincoli naturali, il volgo vi si assoggetta più del filosofo, donde il detto proverbiale che i sapienti dominano gli astri. Infine, in riferimento a vincoli di genere medio, il tipo del goloso ingordo può permettersi di vantare la castità, e il tipo del lussurioso la sobrietà nei cibi.

V. Distinzione dei vincolabili.

Da ciò che si è appena detto consegue opportuna riflessione sul fatto che l'energia di un vincolo rende meno suscettibile ad altra specie di vincolo o comunque meno arrendevole. Perciò i tedeschi sentono meno lo stimolo di Venere, gli italiani quello della crapula; lo spagnolo è più incline all'amore, il francese più infiammabile all'ira.

VI. Seme o stimolo di vincolabilità.

Una cosa è suscettibile di vincolo soprattutto quando ha qualcosa di sé nel vincolante, proprio perché il vincolante le si impone attraverso quel qualcosa di se. A partire da questo (tanto per fare un esempio, da un caso particolare) i negromanti confidano di esercitare impero su tutto il corpo attraverso unghie e capelli di vivi, o addirittura tramite parti di vestiario o impronte dei piedi; evocano gli spiriti dei defunti, per mezzo di ossa e parti qualsivoglia del morto. E per questo che si aveva la massima cura delle pratiche di sepoltura, e si introdussero i roghi, e si annoverava tra i supplizi crudeli lasciare un corpo insepolto. I retori catturano la benevolenza con la loro arte a patto che uditori e giudici trovino in loro qualcosa di sé.

VII. Tempo di vincolabilità.

Una sola ed identica realtà è variamente suscettibile di vincolo in relazione al variare del tempo e dell'età; e variabile è il comportamento rispetto a un solo ed identico vincolo delle cose disposte non in un solo modo. Rifletti, a partire da qui, come chi è stato mutevole da giovane, fatto uomo è più fermo e più prudente, da vecchio più sospettoso e bisbetico, infine greve di dispetto e fastidio nella decrepitezza

VIII. Differenza dei vincolabili.

Quindi chi vuole legare deve porre attenzione al fatto che le cose suscettibili di vincolo sono mosse alcune più dalla natura, altre più dal giudizio e dalla prudenza, altre ancora più dall'usanza e dalla consuetudine: sicché la persona accorta lega e costringe individui del primo tipo tramite vincoli ricavati dalle cose naturali, del secondo tipo con ragionamenti e dimostrazioni e simboli e tratti convincenti, del terzo tipo ricorrendo a condizioni di immediata necessità.

IX. Avversione alla vincolabilità.

Poiché l'animo tanto più si vincola ad un oggetto, quanto più si astrae e distacca dagli altri, conseguentemente, chi voglia delimitare il destinatario del vincolo ad un solo oggetto, deve investire fatica nel renderlo svogliato per altre attività o più distanziato dalle preoccupazioni ad esse legate. E invero un'attività più gratificante esclude la gratificazione di un'altra: l'animo intento all'orecchio lascia in riposo l'occhio, chi guarda con molta attenzione si fa sordo; quando poi siamo molto allegri o molto tristi per un qualche motivo non facciamo molto altro, anzi svogliati tralasciamo o rallentiamo il lavoro. Ed è appunto questo che significa "essere astratto" o "tratto", "essere dominato", "essere vincolato". A partire da ciò, l'oratore, suscitando riso o invidia o altri stati d'animo, spezza il vincolo d'amore, rende disponibili per vincolo d'odio, di disprezzo, d'indignazione.

X. Il numero dei vincolabili.

I contemplativi vengono vincolati alle cose divine, staccandosi dall'aspetto delle parvenze sensibili; i voluttuosi attraverso la vista si abbassano alle fruizioni del tatto; le nature morali sono condotte al diletto dalla civile conversazione. I primi sono considerati eroici, i secondi naturali, i terzi razionali; i primi stanno più in alto, i secondi più in basso, i terzi a mezza via; i primi sono detti degni dell'etere, i secondi della vita, i terzi della conoscenza; i primi ascendono a Dio, i secondi si aggrappano al corpo, i terzi si distaccano da uno degli estremi e si avvicinano all'altro.

XI. Il movimento dei vincolabili.

Nelle realtà composite e variabili e in genere in tutte le cose che subiscono modificazioni nella loro natura e disposizione, come è il caso dell'anima e dello spirito, che assumono modificazioni varie attraverso il corpo e i moti corporei (benché l'una e l'altra sostanza nella sua semplicità sia del tutto stabile ed eterna, in conseguenza della privazione prova desiderio, in conseguenza del desiderio impulso, e dell'impulso movimento e dopo il movimento liberazione)... Quindi nessun vincolo è eterno, ma si alternano vicissitudini di carcere e di libertà, di vincolo e di liberazione da vincolo o piuttosto di passaggio da una ad altra specie di vincolo. E poiché questa situazione è naturale e precede accompagna e segue la condizione eterna di ogni realtà, bisogna dire che la natura lega con la varietà e il movimento, e l'arte, emula della natura, moltiplica i vincoli e li varia e diversifica e ordina e dispone per così dire in una sequenza. modulare. Una condizione stabile è a tal punto estranea alla realtà, che talvolta addirittura ci buttiamo su ciò che è vietato e siamo travolti dal suo desiderio. E' invece conforme a natura aspirare a liberarsi dai vincoli, proprio come poco prima abbiamo potuto imbrigliarci in essi per una specie di autonoma e spontanea inclinazione.

XII. Indefinizione dei vincolabili.

Quanto più sono numerose le componenti del vincolabile, tanto meno esso è delimitato a determinati vincoli. Sicché il piacere umano è meno determinato a un sol tempo, un solo individuo, un solo sesso, rispetto a quello dei bruti. Forse tutti i cavalli potrebbero avvincere una cavalla, ma in molti casi non può avvenire lo stesso tra tutti gli uomini e una donna. Questo dislivello e questa indefinizione distanzia l'uomo dal bruto, come anche l'uomo vero dall'uomo brutale, il più sensibile (che è anche più soggetto alle emozioni) dal più ottuso. E ciò che si dice rispetto a un tipo di vincolo, va esteso ad ogni tipo e genere di vincoli.

XIII. Il fondamento della vincolabilità.

La prima spiegazione del fatto che ogni realtà è vincolabile va ricavata in parte dalla constatazione che essa desidera conservarsi nella situazione che possiede al presente, e in parte dal fatto che essa desidera giungere a completezza secondo tale situazione e all'interno di essa. In ciò consiste in genere la filautìa o amore di se. Quindi se uno riuscisse ad estinguere in un soggetto la filautìa, sarebbe messo in condizione di legare e sciogliere in qualsiasi modo. Per converso, accesa la filautìa, tutte le cose si imbrigliano più facilmente nei tipi di vincoli che sono loro naturali.

XIV. La relazione dei vincolabili.

Contempla, negli esseri viventi, l'amicizia e l'inimicizia, la simpatia e l'antipatia, l'affinità e la diversità e le circostanze di queste cose; poi passa a raffrontare, secondo certo ordine ed analogia, le realtà particolari e individuali singolarmente prese all'interno della specie umana; quindi in primo luogo le specie, una per una e poi tutte insieme, degli altri viventi; infine tutte le altre specie di cose. Capirai di quale varietà e disponibilità di vincoli tu hai bisogno.

XV. Diversità della materia dei vincolabili.

Sebbene ogni vincolabile sia in qualche modo un composto, tuttavia uno si dice semplice, un altro molteplice o conglomerato, uno più semplice o più mescolato rispetto all'altro. Consegue da ciò che date realtà si vincolano puramente, altre impuramente, e i vincoli puri, impuri: come i piaceri e i dolori che sono puri, impuri e misti. Così Epicuro definisce impuro il piacere venereo, nel senso che si accompagna con dolore e con desiderio inestinguibile (quello per cui tutto il corpo si strugge di trasferirsi nell'altro corpo: invano), e poi lo segue una sfinitezza sconsolata. Ma se esistessero realtà in cui i principii non si esaurissero mai (del tipo, forse, degli astri e dei grandi viventi cosmici o numi nei quali non si dà stanchezza, ed afflusso e influsso di sostanza è in equilibrio inalterabile), allora esse resterebbero vincolate in se stesse in pienezza di felicità. Da ciò consegue che chi desideri vincolare alcuno sul piano della civile conversazione, deve spiare attentamente la specifica varietà di composti: e formulare progetti, decisioni, conclusioni diverse per gli ingegni eroici, per gli ordinari, per i più prossimi ai bruti.

XVI. Grado dei vincolabili.

I bambini sono meno soggetti ai vincoli delle passioni naturali, per la ragione che in loro la natura è tutta impegnata nel processo di crescita, e questa è l'alterazione maggiore che la scuote, e tutto il nutrimento è volto a crescita e strutturazione dell'individuo. Ma verso il quattordicesimo anno cominciano ad essere ben vincolabili: questa età è, sì, ancora protesa nella crescita, ma la crescita non è più così veloce ed esigente come nei bambini. Uomini fatti, in età di stabilizzazione, hanno maggior dotazione spermatica e questa pare sia una causa maggiore di vincolabilità. Più precisamente: pare che gli adolescenti e i giovani siano dotati di un erotismo più avido, e perché la novità di quel tipo di piacere li rende più ardenti, e perché i condotti per cui passa il seme sono più angusti, quindi il flusso spermatico scaturisce superando una resistenza più deliziosa: sicché il solletico venereo che si genera da tale conflitto è più carico di piacere e di gioiosa liberazione. Nelle persone più anziane, in cui le energie sono pressocché spente e gli organi e i condotti esausti e il seme non più abbondante, i vincoli sono più difficili. E questa situazione si riproduce in generale nelle altre passioni, che ammettono una certa analogia, o opposizione o contiguità con la passione d'amore.

XVII. I temperamenti dei vincolabili.

In conseguenza del loro temperamento i malinconici sono più vincolabili ad indignazione, tristezza, voluttà e amore: essendo infatti più impressionabili, si fanno un'immagine più intensa, ad esempio, del piacere; per la stessa ragione anche sono più adatti alla contemplazione e alla speculazione; e in generale sono mossi e agitati da passioni più veementi. Quindi, per ciò che attiene a Venere, si danno come scopo più il piacere proprio che la propagazione della specie. Affini a costoro sono i collerici, rispetto ai quali sono meno stimolabili i sanguigni. I flemmatici sono meno libidinosi rispetto agli altri, ma più dediti alla gola. Resta stabilito tuttavia che ognuno fa la sua parte in obbedienza alla natura: i malinconici sono vincolati dalla loro maggior forza d'immaginazione, i sanguigni dalla maggior facilità di emissione spermatica e dal calore del loro temperamento, i flemmatici dalla maggior ricchezza umorale, i collerici da un solletico o stimolo più intenso e acuto di spirito caldo.

XVIII. I segni dei vincolabili.

In quest'ordine di considerazioni ha il suo posto anche la fisionomia. Chi ha tibie asciutte e muscolose, chi è caprino e somiglia ad un satiro dal naso schiacciato e largo ed ha volto triste e sospiroso ama con più intensità e corre dietro a ogni sfrenatezza di tipo venereo; ma è anche facilmente placabile e non ha passione che duri a lungo.

XIX. Durata dei vincolabili.

Rispetto ai vincoli i vecchi sono più costanti, ma meno disponibili; i giovani più instabili, ma più disponibili. Sono quelli di mezza età che si lasciano legare stabilmente, strettamente e con piena disponibilità.

XX. La reazione dei vincolabili.

La cortesia reciproca genera vincoli reciproci; vincoli possono trovarsi negli scherzi, nel comportamento istrionico, nelle facezie: talvolta per queste vie una persona, altrimenti sgradevole e deforme, lega coloro che hanno gusto per tali cose. Aggiungi un fatto che abbiamo sperimentato a proposito di fantasie circa dimensioni e vivacità di membro: accampate nell'immaginazione gettano come un incantesimo sul fanciullo o la fanciulla. Di qui i versi: Confesso che non son d'aspetto bello. Eppure agli dei stessi mi antepone Ogni ragazza d'appetito sano. Analogamente altri vincoli con cui i brutti avvincono poggiano sull'opinione di coraggio, valore, eloquenza, operosità e altre qualità di questo genere: sicché, partendo da qualità di un certo tipo possono acquistarsi anche affetti d'altro tipo. Non è rara l'esperienza che anche le viragini più brutte travolgono ad atti d'amore con la fama delle loro qualità o l'esercizio della loro parlantina.

XXI. L'eterogeneità dei vincolabili.

Aggiungi che si dà il caso che una specie è vincolata da una specie diversa per via d'amore, odio, ammirazione, pietà, compassione ed altri sentimenti del genere: Lesbia per il suo passero, Corinna per la sua cucciola, Ciparisso per una cerva o il delfino per Arione. Sono vincoli celebri. Insomma, in ogni specie giacciono semi di attrazione per tutte le altre. Taccio della simpatia tra un uomo e un leone, tralascio ciò che so della stupefacente familiarità tra un bambino e un serpente.

XXII. Il mutamento dei vincolabili.

Ciò che è suscettibile di una specie di vincolo può senza difficoltà essere trasferito al suo contrario, come del resto è mutevole anche il vincolante; e non fa differenza se realmente o solo nell'opinione. Nei riguardi di una persona cui mi legava il rispetto intellettuale, poi, approfondita la conoscenza e cancellata la stima, è sottentrato un rapporto di disprezzo e sdegno. E i vincoli che provengono dalla vista dell'età ardente e della bellezza si allentano e si spezzano col tempo quando non sopravvengono a rafforzarli quelli del comportamento e dell'ingegno.

XXIII. Causa ed effetto dei vincolabili.

Misterioso è ciò che vincola ad amore e odio o disprezzo al di qua di ogni operazione di ragione. Ed è futile l'escogitazione di Adrastea, che la spiegazione dell'amore che si sviluppa alla vista di un bell'oggetto sia una specie di rammemorazione, da parte dell'anima, della divina bellezza percepita prima di essere accolta nell'involucro del corpo. Se fosse vero, quale spiegazione si dà allora del passaggio improvviso dell'animo allo sdegno verso lo stesso oggetto che non ha subito mutazione? E perché animi diversi sono incatenati di più da oggetti diversi? Perché ciò che per uno è il culmine della bellezza al gusto non meno sveglio di un altro risulta addirittura sgradevole? E chiaro che la condizione di vincolabilità non si apre alla riflessione debole.

XXIV. Definizione dei vincolabili.

Teocrito ricondusse al caso, alla fortuna, ad un indefinito non so che, l'amore e gli altri sentimenti che legano i singoli esseri; ma avrebbe pensato con più rigore se avesse considerato e definito "occulto e determinato" ciò che qualificò come "indefinito" perché non gli si svelava: i sentimenti nascono infatti da un ben determinato intreccio strutturale donato da natura o introdotto dalla forza della consuetudine.

XXV. Senso dei vincolabili.

I Greci non riconducevano a conoscenza razionale, ma a fortuna, il fatto che uno fosse vincolato da amore, odio o altri sentimenti: e veneravano Amore e Fortuna sullo stesso altare. A questo giudizio si associano alcuni platonici, sostenendo che i viventi privi di parola non sempre soggiacciono al vincolo d'amore, perché privi di discernimento razionale. Ma costoro hanno opinioni troppo rozze sulla natura della conoscenza e dell'intelligenza, che in realtà pervade tutte le cose con lo spirito universale e si accende in tutte, in proporzione al soggetto. Per noi in realtà l'amore, come ogni altro sentimento, è una forma molto effettiva del conoscere; ed è anzi il procedere discorsivo e raziocinante e argomentante, da cui soprattutto gli uomini si lasciano vincolare, che non si colloca affatto tra le forme primarie di conoscenza. In conclusione: chi vuol vincolare si convinca che la ragione non ha né più né meglio carte per legare. Ciò che funziona è piuttosto una conoscenza che si proporziona al genere.

XXVI. La fuga vincolabile.

C'è chi, sfuggendo ad un tipo di vincolo, si lascia poi legare da vincoli d'altro tipo. Quindi chi si propone di vincolare deve stare attento ad operare coi mezzi ai quali il destinatario del vincolo è suscettibile: assecondando, cioè, i vincoli di cui quello è già prigioniero. Fu così che la ninfa trasse ad amore col dono che si adattava al suo tipo umano (precisamente, un corno al cui suono si immobilizzavano le fiere in fuga) il cacciatore che la passione per la selvaggina distraeva da amore. Anche il soldato sarebbe costretto ad altri affetti dall'incanto che esercita su di lui la qualità di un'armatura. Svincolano dunque da Venere la caccia, il digiuno, l'ebbrezza, gli esercizi di ginnastica e in genere gli impegni e i diporti più svariati, e vari tipi d'astinenza, lusso ecc. E come in questo genere di vincoli, così in tutti gli altri bisogna valutare caso per caso.

XXVII. La sostanza vincolabile.

Due sono le radici della vincolabilità, e sono della stessa essenza del vincolabile in quanto è vincolabile: conoscenza appropriata al genere e desiderio appropriato al genere. Supponi un oggetto che non abbia desiderio alcuno, e avrai una cosa che non è suscettibile di alcun vincolo spirituale. Aggiungi che senza conoscenza e passione nessuno ha possibilità di legare: né con vincoli di civile conversazione né con vincoli magici. Di altri tipi di vincolo non parlo perché alla gente di vista corta, che è la maggioranza, darei l'impressione di dire cose sconvenienti.

XXVIII. La perfezione vincolabile.

Il vincolo perfetto è quello che allaccia tutte le parti e tutte le potenzialità di una persona. Il vincolante deve penetrarne a fondo il numero, per irretire l'oggetto della sua caccia con più vincoli, anzi con tutti i vincoli, volendo spingere l'intreccio alla perfezione. E non deve avere dubbi, punti oscuri, sui nutrimenti e sulle lusinghe che si debbono all'animo e allo spirito: diversi secondo le sue diverse potenze.

XXIX. L'obbligo dei vincolabili.

Non è possibile vincolare a sé alcuno, se il vincolante non patisca egli stesso legame. Al vincolato le catene aderiscono, lo penetrano. Chi vincola ciò che è vincolabile anche per un altro non si lega se non di legame accidentale, ma chi vincola ciò che è vincolabile solo per sé non può essere che legato a sua volta. Tuttavia il vincolante ha sul vincolato questo vantaggio, che egli è padrone dei vincoli e che talvolta non li patisce e non ne è toccato in pari modo. E in analogia con questa dottrina il fatto che il lenone lega e non è legato, mentre l'amata nell'atto d'amore non si lega all'amato, se anch'egli non si leghi a lei nello stesso atto. E tuttavia esiste una specie di misterioso vincolo spirituale in forza di cui la cosa amata si vincola ad un amante che talvolta, nonché non amarlo, neppure conosce: questo è l'ordine di realtà in cui Eros senza Anteros piange e si sente infelice. Ma sul piano dei rapporti di società nessuno vincola se non si lega almeno con quello che desidera vincolare del medesimo vincolo o di un vincolo affine: infatti, per parlare più chiaro, l'oratore non suscita passione senza passione.

XXX. La verità vincolabile.

Il destinatario del vincolo, per essere vincolato, non richiede tanto vincoli reali, cioè quelli che sono così sostanzialmente, quanto apparenti, cioè vincoli d'opinione: infatti l'immaginazione senza verità può vincolare veramente, imbrigliare davvero il destinatario del vincolo per via immaginaria. Posto anche che non esista inferno, la credenza immaginaria nell'inferno senza fondamento di verità produce veramente un vero inferno: l'immagine fantastica ha la sua verità, con la conseguenza che essa reagisce realmente e realmente e potentemente resta imbrigliato chi si lascia vincolare e il tormento infernale si fa eterno con l'eternità della convinzione di fede; e l'animo, pur spoglio del corpo, conserva tuttavia il medesimo aspetto e nonostante tutto persevera con esso infelice nei secoli, anzi ancor più potentemente talvolta per indisciplina o diletto o acquisite parvenze. Che i volgari filosofanti non si capacitino di questo e distribuiscano insulse condanne sulla base di quella dottrina da ignoranti, non ci turba più che tanto: eravamo bambini ed inesperti quando padroneggiavamo queste dottrine, più di quanto possano mai padroneggiarle essi, esperti e vecchi. Ma noi perdoniamo loro invecchiati in questo sentire, non meno di quanto riteniamo si debba perdonare alle nostre credenze di quando eravamo bambini.

Il vincolo di Cupido, per parlare del vincolo in generale.

Abbiamo detto nelle riflessioni sulla Magia naturale come tutti i vincoli o si riconducano al vincolo d'amore, o ne dipendano o addirittura consistano in esso. A chi argomenti attraverso le trenta specie di nodo risulterà agevolmente chiaro che l'amore è il fondamento di tutte le passioni: chi non ama nulla, infatti, non ha motivo di temere, sperare, gloriarsi, insuperbirsi, osare, disprezzare, accusare, scusare e umiliarsi e gareggiare e infuriarsi, turbarsi insomma in altre guise analoghe. Dunque l'argomento cui diamo avvio sotto il titolo di Vincolo di Cupido apre un vasto campo alla riflessione o speculazione: né si deve pensare che questa riflessione sia troppo lontana dall'impegno civile, solo perché il suo orizzonte è più ampio di ciò che l'impegno civile richiede.

I. Definizione del vincolo.

Presso pitagorici e platonici il vincolo di bellezza si trova definito come fulgore, raggio o almeno come impronta o ombra o simulacro e traccia di essa: stampata in primo luogo nella mente che adorna con l'ordine delle cose, in secondo luogo nell'anima che colma con la sequenza delle cose, in terzo luogo nella natura che distingue e caratterizza coi suoi semi, in quarto luogo nella materia che essa arricchisce di forme. Questo raggio brilla nella sua forma più limpida nella mente, limpidamente nell'anima, oscuramente nella natura, oscurissimamente nella materia, che è substrato delle realtà naturali: così essi dicono. Esso non è una quantità e non consiste nella quantità (anche se si aggira attorno alla quantità e alla grandezza in generale) dal momento che anche le cose non grandi o addirittura piccole comunicano impressione di bellezza: anzi all'interno di una stessa specie gli esemplari grandi sono deformi e quelli piccoli ben formati (ma anche il contrario); e spesso, invariata restando la quantità, la bellezza si dissolve, oppure permane mutando quella. Un bambino o un fanciullo molto grazioso piace, ma non incatena se non adolescente, a partire da una determinata età: questo vuol dire che la quantità ha un certo significato e ciò è vero anche quando non si modifichino in nulla forma, figura e struttura di una cosa. Da ciò puoi trarre alcune conseguenze per i vincoli che riguardano i rapporti civili: ci sono questioni di misura da cui dipende forma ed efficacia del vincolo. Pensa a gesto, parola, abbigliamento, abitudini, e al riso e ad altri segnali degli stati d'animo.

II. Origine del vincolo.

Alcuni dei platonici dogmatizzano che il vincolo proviene da una determinata proporzione delle membra congiunta a certa delicatezza di colorito. Ma chi riflette in maniera più analitica osserva almeno questo: in primo luogo sono vincolanti le cose composite e risultanti da una differenziata varietà di parti; poi il colore di per sé, la voce di per sé hanno poteri vincolanti; infine nessuna cosa trascorre a senescenza più rapidamente della bellezza, mentre nulla si mantiene più inalterato della forma e della figura che la composizione delle membra rivela all'esterno. In conclusione: il vincolo di bellezza va rintracciato altrove che nella figura e nella disposizione proporzionata delle membra, tanto più che, invariata restando bellezza e figura, talvolta dopo il godimento della cosa amata l'amore passa; quindi la spiegazione del vincolo deve cercarsi soprattutto in una sorta di condisposizione del rapitore e del rapito. Talvolta infatti a livello razionale non abbiamo nulla da criticare nella bellezza di una ragazza, nulla sul piano dei rapporti umani da biasimare nella parola, nel comportamento, nell'agire in genere di un uomo: eppure non ci piacciono. E viceversa: in una persona singole cose ci dispiacciono, anche parecchie, eppure essa ci piace. Ancora più stolto è ciò che essi sostengono sul rapporto fra vincolo e colore, non distinguendo tra colore e ciò che gli fa da contorno: come si può dire che il colore lega per conto suo, quando più acceso in un vecchio risulta sgradevole e disprezzabile, e più smorto in un giovane può legare e trascinare? Così, nella civile conversazione, un discorso di gravità consolare in bocca ad un adolescente, quanta che sia l'arte di cui risplende, muove ad indignazione la persona più riflessiva per l'impressione di sconveniente arroganza che suscita; come sulla bocca di un vecchio un parlare aggraziato, carezzevole, fiorito, genera disprezzo e muove talvolta a riso e fornisce materia di schemi. E in generale nell'attenzione al corpo o al linguaggio o al comportamento altro si addice alla donna fatta, altro alla giovinetta o alla bambina, altro al bambino e all'uomo maturo e al vecchio, altro ancora all'uomo di guerra e all'uomo di legge.

III. Indefinizione del vincolo.

Non tanto è difficile, io penso, vincolare e sciogliere, quanto scoprire il vincolo, specie nelle situazioni in cui i vincoli si riconducono più al caso che alla natura e all'arte. Per fare un esempio: il vincolo che parte dal corpo, non ha però nel corpo una locazione definita; l'amante ha l'impressione che a legarlo siano occhi, guance, bocca, ma questi tratti particolari, spostati in un altro soggetto, tanto son lontani dal vincolare alla stessa maniera, che anzi talvolta sciolgono e vanificano i vincoli di Cupido. E ancora: noi talvolta ci consumiamo d'amore per un involucro corporeo, e poi, visti i modi, ascoltato il parlare, ci accorgiamo che i vincoli di Cupido sono spariti. Allo stesso modo, fatte le debite distinzioni, tu ragionerai sui legami della conversazione civile.

IV. La composizione del vincolo.

E' vincolo gettato da un Cupido più basso quello per cui siamo catturati dalle realtà composte o giustapposte, mentre non ci sfiorano le entità semplici e assolute, anzi c'è chi addirittura le spregia. Persone così penseranno che Dio non ha in sé bellezza, perché essendo a suo modo un'entità semplice, non brilla affatto per ordinata simmetria di struttura. E' vero che, per una premessa, egli è il principio e la fine di ogni bellezza e di ogni vincolo. Ma poi per debolezza d'ingegno non distinguono tra ciò che è bello in sé e ciò che è bello in relazione a noi; come sul piano pratico dei rapporti umani non è assennato chi non distingue tra ciò che è bello rispetto agli uomini in generale e alla ragione, e ciò che è bello rispetto a questi determinati uomini e alla consuetudine, all'uso e all'occasione: sicché getta i suoi vincoli a caso.

V. Numero dei vincoli.

Senza troppo distinguere e badando alla sostanza sono vincoli la forma, il portamento, il movimento del corpo, la convenienza reciproca di voce e discorso, l'armonica coerenza dei comportamenti e la fortuna e il casuale incrociarsi delle simpatie che vincolano non solo gli uomini tra loro, ma anche gli animali tra di loro e gli animali agli uomini. Si riconduce a ciò il fatto che per impronta di natura il bambino che vede un serpente, l'agnello che vede un lupo, senza bisogno di nozione o di esperienza precedente, è colto da terrore mortale; mentre se vede un bue o una pecora ci gioca e si diverte assieme. E ci sono profumi e aromi da cui uomini e spiriti sono toccati in maniera diversa: ho conosciuto persone che reagivano inorridite all'odore del muschio o di altre sostanze universalmente gradevoli al punto da cadere a terra per turbamento di spirito; ma ho conosciuto anche un tale che provava un piacere straordinario a portarsi al naso sulle dita cimici schiacciate. Insomma c'è varietà di legame per cose varie e non solo gli opposti ma i diversi si vincolano tra di loro. E sul piano dei rapporti civili non è uguale il gusto che un italiano e un tedesco hanno per lo stile del discorso e la cura e l'ornamento del corpo e l'armonia ed affabilità del costume; ma può accadere che un italiano si distacchi dalla generalità in modo da avere, per così dire, carattere tedesco (e un tedesco carattere italiano). Qui sta il difficile e si richiede prudenza maggiore per legare sul piano dei rapporti civili, specialmente quando i vincoli si gettano non sulla moltitudine, ma su un individuo: in effetti è più facile legare molti che uno e il tiro di un uccellatore potrà trafiggere a caso più uccelli tirando nel mucchio, che un uccello singolo tra i molti anche con mira più accurata.

VI. Le porte dei vincoli.

I sensi sono la porta attraverso cui si gettano i vincoli. Tra questi la vista è la porta principale, la più degna; gli altri possono essere più appropriati in relazione alla varietà degli oggetti e alle loro potenzialità: così il tatto è conquistato dalla tenera soavità della carne, l'udito dall'armonia della voce, l'olfatto dal profumo del respiro, l'animo dalla musica dei comportamenti, l'intelletto dalla chiarezza delle dimostrazioni. Vincoli diversi si insinuano per finestre diverse ed hanno diverso potere a seconda delle persone: quindi chi trae piacere coltivando un interesse, chi un altro. E non si trae vincolo ugualmente da tutte le cose né ugualmente a tutte si applica.

VII. I generi dei vincoli.

Si capisce che ci sono tanti generi e varietà di vincoli quanti sono i generi e le varietà del bello. Queste varietà sono tante quante le varietà delle cose significative, cioè secondo le specie. Aggiungi poi che all'interno delle singole specie varietà di situazioni particolari richiedono modalità di legame diverso: l'affamato subisce il vincolo del cibo, l'assetato della bevanda, chi è pieno di seme aspira a Venere; e questi a specie sensibile, quell'altro ad intelligibile; e uno a una specie di natura, un altro a una specie d'arte; il matematico è affascinato dalle cose astratte, il pratico da quelle concrete, l'eremita si masturba nel sogno di una bellezza lontana, l'uomo di famiglia è attratto da una presente. Ma legami diversi sempre per diversi individui secondo ogni genere; e per giunta gli stessi vincoli non si caricano della stessa potenza indipendentemente dalla parte da cui provengono: io subisco il fascino della musica eseguita da un fanciullo o da un adolescente, in misura inferiore quella di una fanciulla o di un uomo. La forza ti lega in un uomo, perché dà un'impressione di grandezza, per nulla in una donna; la fanciulla ti lega con la semplicità e il ritegno, ma se un adulto ha queste caratteristiche ti scioglie dai vincoli e lo trovi via via meno gradevole.

VIII. La misura dei vincoli.

Sul piano della civile conversazione gli oratori, i cortigiani e quelli che comunque sanno gli usi del comportamento vincolano con più efficacia quando operano con clandestina dissimulazione dell'artificio; non incontrerà gradimento colui che ostenta linguaggio manierato o un sapere puntigliosamente intessuto di minuzie; dispiacciono anche le vesti indossate con troppo metodo e troppa geometria, e i capelli arricciolati e gli occhi, i gesti, i movimenti controllati sempre a regola d'arte: uno che si atteggia così non può non dispiacere. Anche un'eloquenza pubblica di questo tipo sarebbe concordemente criticata come troppo elaborata ed affettata. Questo stile infatti è da ricondurre più che altro a pigrizia e scarsità d'ingegno e di giudizio: giacché non piccola componente dell'arte è usare l'arte dissimulandola. Quindi non è sapienza elegante quella di chi fa il sapiente in ogni occasione e su tutto, come non è inanellato con eleganza chi porta tutte le dita grevi di anelli e gemme, né ingioiellato con buon gusto chi incede carico di una moltitudine di monili d'ogni genere. E il caso di riflettere a questo proposito che il fulgore luminoso spegne il fulgore luminoso, e la luce non luce, rifulge, sfolgora e insomma piace se non fra tenebre. Inoltre: l'ornamento è nulla se non si accorda con ciò che deve essere ornato e ricevere forma. Così l'arte non è disgiunta dalla natura, e l'artificio non può fare a meno della semplicità.

IX. Descrizione del vincolo.

Per Platone vincolo è bellezza secondo genere o accordo di forme, per Socrate eccellenza di grazia spirituale, per Timeo tirannide esercitata sull'anima, per Plotino privilegio di natura, per Teofrasto inganno segreto, per Salomone "fuoco nascosto, acque furtive", per Teocrito eburnea rovina, per Carneade regno pieno di angoscia: per me tristezza ilare, ilarità triste. E per le ragioni addotte nella prefazione a questa parte le altre descrizioni di sentimenti e le altre specie di vincolo presentano analogie con questo sentimento e questo vincolo.

X. Distribuzione dei vincoli.

All'atto perfetto sono vincolate le cose perfette, all'atto nobile quelle nobili o nobilitate; all'atto imperfetto e difettoso quelle in cui c'è qualche imperfezione e difetto. Perciò si è detto sopra che nel destinatario del vincolo ci deve essere qualcosa del vincolante. Una ragazza totalmente casta, in cui non ci sia seme alcuno di stimolo, non c'è artificio o stella che possa indurla all'amore dei sensi, se non ci sono prima toccamenti, abbracciamenti e insomma una sua collaborazione con la mano di chi la lega e un passaggio di qualcosa dalla mano del vincolante a lei. Non parlerò della ragazza non ancora matura: in tutti gli atti si richiede, per così dire, un germe dell'atto e non tutti i germi germogliano dappertutto. Chi non sprecherà il suo tempo se tenta di irretire un malato, un vecchio, un frigido, un castrato (al contrario invece per quelli che sono contrariamente disposti)? La valutazione è del tutto analoga, per ciò che riguarda i legami di società.

XI. Il grado dei vincoli.

In universale le cose sono disposte in modo che stanno in rapporto reciproco, in una sorta di coordinazione, per cui si realizza il passaggio da tutte a tutte come per un continuo fluire. Tuttavia alcune di esse sono in rapporto reciproco immediato (ad esempio gli individui della stessa specie, per la propagazione naturale) e tra di esse i vincoli sono familiari, intrinseci e agevolissimi; mentre altre si subordinano reciprocamente con certe mediazioni e per loro è necessario l'attraversamento, la perforazione in un certo senso di tutte queste mediazioni, perché dal vincolante i vincoli raggiungano il destinatario: e così che i Numi, attraverso il dono delle cose e il favore di certe mediazioni compartibili, influiscono sulle cose inferiori e le infime e infine le vincolano a sé; e reciprocamente, in una sorta di corrispondenza naturale o razionale, le cose inferiori si levano, come in un atto di ossequio, a legare a sé, secondo ciò che è loro possibile, le cose superiori e poste in sublime. E come varie sono le specie delle cose e le loro differenze, così vari sono i loro tempi, luoghi, mediazioni, vie, organi e funzioni. Ed è facilissimo cogliere questo dato di fatto per ogni tipo di vincoli e di vincolabili e trarre le debite conseguenze.

XII. La grandezza del vincolo.

In tutte le cose risiede una forza divina, l'amore, padre, fonte, Anfitrite dei vincoli. Non a caso dunque Orfeo e Mercurio lo chiamano il grande demone, perché in verità tutta la sostanza e consistenza e (per usare un termine difficile) ipostasi della realtà è una specie di vincolo. E noi conseguiremo il livello più alto e primario della dottrina del vincolo quando volgeremo gli occhi all'ordine dell'universo: qui, per mezzo di questo vincolo, le cose superiori provvedono alle inferiori, le inferiori si volgono alle superiori, le pari si associano in mutuo vincolo, e si celebra infine la perfezione dell'universo in conformità alla ragione della sua forma.

XIII. L'effetto principale del vincolo.

Un amore solo, e quindi vincolo, fa di tutte le cose una sola cosa; ma ha volti diversi nelle diverse cose, sicché una identica realtà lega in maniera diversa le diverse cose. E perciò che di Cupido si dice che egli è superiore ed inferiore, nuovissimo e antichissimo, cieco e di acutissima vista: egli, che da una parte si adopera perché tutte le cose, secondo le proprie potenzialità, restino salde in se stesse e non si distacchino da sé, per il perpetuarsi della specie; ma poi per le vicende degli individui fa sì che le realtà singole in un certo senso si distacchino da sé, visto che tutto ciò che ama desidera ardentemente di trasferirsi nell'oggetto amato; e che in se stesse anche si dissolvano, si aprano, si spalanchino, visto che tutto ciò che ama vuole appassionatamente accogliere in sé l'amato ed imbeversene. Sicché il vincolo è tal condizione per cui le cose vogliono contemporaneamente essere dove sono e non perdere ciò che hanno, ed essere in ogni dove ed avere ciò che non hanno: e ciò a seguito di una forma di compiacenza per il posseduto; di una forma di desiderio e di appetito per il distante e il possibile; di una forma di amore per la totalità del reale: perché la sete di avere e di capire del singolo individuo non si placa nel possesso di un bene e di un vero singolo e determinato, e mira, come a suoi obiettivi, al bene universale, al vero universale. Deriva da ciò che una potenza determinata in una materia determinata sperimenti contemporaneamente la concentrazione e la dispersione, l'impoverimento, la dissipazione. Questa è la condizione generale del vincolo, che tu osserverai secondo la varietà delle specie.

XIV. La qualità del vincolo.

Il vincolo in sé non è né bello né buono: è infatti il mezzo con cui tutte le cose (e ciascuna singolarmente) perseguono il bello e il buono; la connessione di ciò che riceve con ciò che è ricevuto, di ciò che dà con ciò che è dato; del vincolabile col vincolante, del desiderabile e del desiderante. Ma ciò che desidera il bello e il buono ne è privo nella misura in cui lo desidera, quindi, in quella misura, non è né bello né buono. Perciò, sotto questo riguardo, trae una conclusione errata il peripatetico che sostiene essere la materia brutta e cattiva, perché, desiderando il buono e il bello, testimonia di esserne priva. Aristotele, più cautamente, la definì "come brutta", "come cattiva", non tale in maniera pura e semplice; ma in verità non si definisce né bello né brutto, né buono né cattivo, ciò che, come la materia, tende e si muove ugualmente verso bene e male, brutto e bello. Se la materia fosse il male, sarebbe contrario alla sua essenza l'aspirare al bene; e così se fosse naturalmente brutta ecc. Ma coloro che filosofano più a fondo capiscono ciò che noi abbiamo chiarito altrove; come la materia contenga nel proprio seno l'avvio di tutte le forme, sicché da esso tutte le produce e le emette; e come non sia quella pura privazione, che accoglie in sé tutte le cose dall'esterno quasi come straniere: fuori del grembo della materia, invero, non esiste forma alcuna, e tutte si celano in esso e da esso a suo tempo tutte rampollano. A chi dunque rifletta sul vincolo dal punto di vista delle sue applicazioni civili e secondo tutte le prospettive deve essere chiaro come in tutta la materia o in una parte della materia, in ogni individuo o nell'individuo singolo, vivono allo stato latente tutti i semi delle cose e di conseguenza, con accorto artificio, si possono attivare le applicazioni di tutti i vincoli. Ed in uno dei Trenta sigilli abbiamo insegnato come abbia luogo questa generale trasformazione e applicazione.

XV. Generalità o universalità del vincolo.

A ciò che si è appena detto consegue: che l'amore con cui noi amiamo, la forza desiderante con cui tutte le forze desiderano, è cosa intermedia tra bene e male, tra bello e brutto; non quindi non bello, non brutto, ma certamente buono e bello secondo un certo livello di comunicazione e partecipazione. Il vincolo d'amore, infatti, ha la sua radice nei due principi attivo e passivo, secondo la comune ragione per cui tutte le cose, sia che agiscano sia che patiscano sia che facciano entrambe le cose, bramano ordine, copula, unione e perfezione, e senza questo vincolo nulla è, come senza natura nulla è. Non perciò l'amore è segnale di un'imperfezione, quando si guarda alla materia e al Chaos, prima che le cose prendessero forma: invero tutto ciò che in quel Chaos e nella materia bruta escogitata dai filosofi si dice essere amore, si dice contemporaneamente anche perfezione; e tutto ciò che vi si identifica come non essere e disordine e imperfezione, si capisce anche che non è amore. Resta stabilito dunque che l'amore è ovunque cosa perfetta e che il vincolo d'amore testimonia ovunque la perfezione: poiché, quando una cosa imperfetta ama esser condotta a perfezione, essa consegue il suo oggetto certo attraverso imperfezione ma non a partire da imperfezione; bensì da una qualche forma di partecipazione alla perfezione; e da lume di divinità; e da uno scopo di più elevata natura; e tanto più vivacemente quanto più vigorosa è la qualità del suo desiderio: poiché ciò che è più perfetto s'infiamma d'amore per il sommo bene più ardentemente di ciò che è imperfetto. Perfettissimo è dunque quel principio che aspira a divenire tutte le cose ed è rapito non verso una forma particolare e una perfezione particolare, ma verso la forma universale e la perfezione universale: e questo è la materia in universale, fuori della quale non si dà forma e nella cui potenza ed energia desiderante e disposizione stanno tutte le forme; ed essa, che non ne potrebbe accogliere simultaneamente neanche due, le accoglie tutte in sé in una sorta di eterna vicenda. Dunque alcunché di divino è la materia, come alcunché di divino è ritenuta la forma, la quale o è nulla o è parte della materia: nulla fuori della materia o senza la materia, così come il poter fare e il poter essere fatto sono una sola ed identica cosa e poggiano in un solo indivisibile fondamento e assieme si dà e assieme si toglie ciò che può fare tutto e ciò che può essere fatto tutto. Ed una sola è la potenza assoluta e in sé presa (qual che sia poi la potenza in particolare, e quella dei composti, e quella accidentale che ha abbacinato i sensi e la mente dei peripatetici, con alcuni dei loro seguaci frateschi), come abbiamo argomentato più analiticamente nello scritto Sull'infinito e l`universo e più rigorosamente nei dialoghi Del principio e dell'uno, concludendo che non è stolta l'opinione di David da Dinanto e di Avicebron nell'opera Fonte di vita: egli la riprende dagli arabi che non esitarono a conferire anche alla materia l'appellativo di "Dio".

XVI. Paragone dei vincoli.

Il più importante di tutti è quello di Venere, da specificare secondo il tipo d'amore: al cui equilibrio ed alla cui unità si rapporta in primo luogo e come più importante il vincolo d'odio; giacché nella misura in cui amiamo uno degli opposti o contrari secondo genere, nella stessa misura odiamo e disprezziamo l'altro. Questi due sentimenti, ma insomma quell'unico sentimento che è l'amore, nella cui sostanza è incluso anche l'odio, domina in tutti, anzi sopra tutti e li attiva, indirizza, regola e governa. Questo vincolo dissolve tutti gli altri vincoli, sicché sotto la sua costrizione i viventi di sesso femminile non tollerano le altre femmine e i maschi i rivali dello stesso sesso; trascurano cibi, bevande e talvolta la stessa vita e neppur vinti rinunciano, anzi schiacciati dai più forti più ancora li incalzano e non temono piogge né geli. Partendo da considerazioni di questo genere, Aristippo indicò il sommo bene nel piacere del corpo e in particolare in quello venereo, ma a lui si parava dinanzi agli occhi, per suggestione del personale temperamento, un uomo più fermo [di quello che è]. Resta vero comunque che un fascinatore abbastanza vivace e sagace, partendo da ciò che ama e odia il destinatario del suo legame o del suo vincolo, si spiana la strada ai vincoli di altre passioni: poiché realmente l'amore è vincolo dei vincoli.

XVII. Il tempo e il luogo dei vincoli.

Come non ovunque né sempre, per quanto buoni semi si spargano, consegue nascita di nuove cose; così neanche i vincoli che devono irretire hanno sempre e dovunque virtù di efficacia: bensì a tempo debito e con adeguata disposizione dei destinatari.

XVIII. La distinzione del vincolo.

Vincolo puramente naturale e puramente volontario (nel senso in cui il volgo distingue tra natura e volontà) non esiste. La volontà infatti è con partecipazione dell'intelletto e l'intelletto agisce in ogni caso non entro i limiti della volontà, tranne là dove c'è il nulla, come abbiamo mostrato in altri luoghi: sicché si fanno molte dispute vane. In noi, dal punto di vista della ragione, ci sono tre varietà di vincoli (sebbene poi tutti poggino su una sola radice di natura): naturale, razionale e volontaria. Quindi, in parte, non siamo in grado di controllare una varietà di vincolo con altra varietà. Di conseguenza le leggi dei saggi non vietano di amare, bensì di amare fuor di ragione; le ciarlatanerie degli stolti invece impongono senza ragione i termini della ragione e condannano la legge di natura: anzi più corrotti sono e più la chiamano corrotta, con la conseguenza che gli uomini non si sollevino sopra la natura come eroi, ma si abbassino come bestie contro natura e al di sotto di ogni umana dignità.

XIX. Avanzamento e scala del vincolo.

Per i platonici l'intreccio del vincolo di Cupido si attua così: in primo luogo l'aspetto del bello o del buono e così via incontra i sensi esterni; in secondo luogo si concentra nella loro centrale, che è il senso comune; in terzo luogo investe l'immaginazione, in quarto la memoria. A quel punto l'anima, per un impulso ingenito, è colta da desiderio, sicché in primo luogo è mossa, attratta, rapita; in secondo luogo, attratta e rapita, viene illuminata dal raggio del bello o del buono o del vero; in terzo luogo, illuminata e vestita di luce, si incendia di desiderio dei sensi; in quarto luogo, accesa d'amore, brama di unirsi all'amato; in quinto luogo, unendosi a lui, si mescola e incorpora in lui; in sesto luogo, incorporata, si perde rispetto alla forma primiera e in un certo modo abbandona se stessa e si veste di qualità estranea; in settimo luogo, si trasforma completamente, assumendo la qualità dell'oggetto in cui è passata dopo esserne stata motivata. I platonici definiscono preparazione il primo volgersi all'impulso di Cupido, conversione la nascita di Cupido, illuminazione il nutrirsi di Cupido, accensione di fiamma lo sviluppo di Cupido, contatto la forza appassionata di Cupido, incorporazione l'impero dominatore di Cupido, metamorfosi il trionfo di Cupido, il punto d'arrivo del suo percorso.

XX. Le basi della scala dei vincoli.

Ed ecco ove poggia ciascuno scalino di questa scala: la nascita di Cupido si attua in primo luogo nel corpo (nutrizione, delicatezze, lusso), poi nell'anima, dove si alimenta dei fascini dello spirito, delle fantasie, lascive o degne di miglior denominazione, in cui la bellezza si presenta inghirlandata di grazia. Il cibo di Cupido, che ne impedisce l'estinzione una volta nato, è la conoscenza del bello; ma l'alimento che lo fa crescere è la meditazione, è l'indugio della fantasia sulla bellezza che si è conosciuta. La forza appassionata di Cupido nasce dal fatto che l'animo, da una parte sola dell'amato, scivola e si perde in tutte le altre, sicché dal tutto viene la sua fiamma. L'impero di Cupido affonda le sue radici nella condizione per cui l'animo dell'amante, abbandonato il corpo che gli è proprio, vive e agisce nel corpo di un altro. La metamorfosi di Cupido è completa quando uno muore a se stesso e vive della vita dell'altro, in modo tale che finisce per albergare in essa, non come in casa estranea, ma nella propria. Questo significano i miti che raccontano come Giove si trasformò in toro, e Apollo in pastore, e Saturno in cavallo ed altri dei in altre forme: l'animo a seguito di un movimento, anzi di uno sconvolgimento, dei suoi affetti passa da una forma o specie di vincolo ad altra forma.

XXI. La condizione dei vincoli.

Ci sono alcune esteriorità che hanno il potere di legare: regali, atti di cortesia, onori, favori. Ma legano realmente quando non tradiscono l'aspetto di una offerta fatta quasi per comprare, in risposta, un ricambio d'amore: l'evidenza del mercanteggiamento è evidenza di un'ignobile ricerca di tornaconto ed ha come esito il disprezzo.

XXII. La proprietà dei vincoli.

Vincoli veri e propri e particolarmente efficaci sono quelli che si attuano per accostamento del contrario, secondo una modalità, che ora si può descrivere con un esempio, piuttosto che con una definizione o con un termine (che non si conosce): l'animo umile e disposto all'omaggio incatena l'animo superbo; poiché il superbo ama colui da cui si vede considerato grande e tanto più quanto più grande è l'estimatore (c'è maggior valore, infatti, nella stima che riceviamo dai grandi più che dai piccoli, la cui ammirazione, anzi, siamo soliti disprezzare). Chi vincola con accortezza sa intuire l'aspetto di cui va superbo il superbo. Prendi i guerrieri: loro aspirano al primato nella forza e nell'impavidità fisica e quindi non si indignano se non gli attribuisci il primato nella ricchezza o nell'acutezza di mente. Così i filosofi: si gloriano della conoscenza della realtà ed è per loro del tutto tollerabile se non vengono esaltati per il loro coraggio. Lo stesso ordine di considerazione vale per il lancio degli altri vincoli.

XXIII. La grazia dei vincoli.

I vincoli fanno nascere il desiderio di un atteggiamento di gratitudine reciproca. Per esemplificare da un genere di vincoli: nasce lamentela fra gli amanti quando presumono che ci sia una situazione di debito reciproco. Così l'amante denuncia il debito dell'amata, chiedendo che essa gli restituisca l'anima sottratta, giacché egli, morto nel corpo proprio, vive nel corpo altrui; e se l'amante accarezza di meno la sua amata, lei si lamenta, come negletta; e l'amante si lagna con l'amata, se ****

A questo punto si interrompe il manoscritto che ci è pervenuto del De vinculis in genere.

INDICE

Le forze che legano, in prospettiva generale.

I. Specie delle forze che legano. II. Effetti delle forze che legano. III. Si lega con l'arte. IV. L'uomo si lega in molti modi. V. Il senso è mezzano per il vincolante. VI. Perché non basta un solo vincolo. VII. Perché a chi lega occorre genio. VIII. Chi è vincolato più facilmente. IX. Lo stesso lega allo stesso modo cose contrarie. X. Chi lega non lega cose diverse con lo stesso vincolo. XI. Chi vincola. XII Nessun particolare vincola tutto. XIII. Vari strumenti di chi vincola. XIV. Opportunità di chi vincola. XV. Differenze delle cose vincolanti. XVI. Diverse posizioni di chi vincola. XVII. Sedi di ciò che vincola. XVIII. Predisposizioni del vincolante. XIX. Diversità delle predisposizioni. XX. Condizione del vincolante. XXI. Com'è vincolato chi vincola. XXII. Distinzione del vincolante. XXIII. Cecità del vincolante. XXIV. Industriosità del vincolante. XXV. Armi del vincolante. XXVI. Vicenda del vincolante. XXVII. Gli occhi del vincolante. XXVIII. Astuzie del vincolante. XXIX. Scala del vincolante. XXX. Porte attraverso le quali il vincolante attacca.

I vincolabili in generale.

I. Specie di vincolabilità. II. Condizione di vincolabilità. III. Forma di vincolabilità. IV. Paragone dei vincolabili. V. Distinzione dei vincolabili. VI. Seme o stimolo di vincolabilità. VII. Tempo di vincolabilità. VIII. Differenza dei vincolabili. IX. Avversione alla vincolabilità. X. Il numero dei vincolabili. XI. Il movimento dei vincolabili. XII. Indefinizione dei vinco labili. XIII. Il fondamento della vincolabilità. XIV. La relazione dei vincolabili. XV. Diversità della materia dei vincolabili. XVI. Grado dei vincolabili. XVII. I temperamenti dei vincolabili. XVIII. I segni dei vincolabili. XIX. Durata dei vincolabili. XX. La reazione dei vincolabili. XXI. L'eterogeneità dei vincolabili. XXII. Il mutamento dei vincolabili. XXIII. Causa ed effetto dei vincolabili. XXIV. Definizione dei vincolabili. XXV. Senso dei vincolabili. XXVI. La fuga vincolabile. XXVII. La sostanza vincolabile. XXVIII. La perfezione vincolabile. XXIX. L'obbligo dei vincolabili. XXX. La verità vincolabile.

Il vincolo di Cupido, per parlare del vincolo in generale.

I. Definizione del vincolo. Il. Origine del vincolo. III. Indefinizione del vincolo. IV. La composizione del vincolo. V. Numero dei vincoli. VI. Le porte dei vincoli. VII. I generi dei vincoli. VIII. La misura dei vincoli. IX. Descrizione del vincolo. X. Distribuzione dei vincoli. XI. Il grado dei vincoli. XII. La grandezza del vincolo. XIII. L'effetto principale del vincolo. XIV. La qualità del vincolo. XV. Generalità o universalità del vincolo. XVI. Paragone dei vincoli. XVII. Il tempo e il luogo dei vincoli. XVIII. La distinzione del vincolo. XIX. Avanzamento e scala del vincolo. XX. Le basi della scala dei vincoli. XXI. La condizione dei vincoli. XXII. La proprietà dei vincoli. XXIII. La grazia dei vincoli.