mercoledì 25 novembre 2009

M.P., Via del Cielo, destinazione Paradiso

Un sorriso si è spento e due occhi azzurri di rara dolcezza hanno smesso di scrutare ed amare il mondo.

Nella vita chi non fa quello che avrebbe dovuto fare versa in uno stato di colpa.
La mia è quella di aver permesso al tempo di sottrarmi la possibilità di esprimere il mio affetto, giustificare la mia assenza e spiegare il mio "mostro".
"Un giorno lo farò", mi dicevo per rassicurarmi e tacitare la mia coscienza.

Ora non mi resta che abbassare lo sguardo e subire l'onta del silenzio.
Del silenzio che non potrà più dare voce a nessun grido.
Rimpianto e pentimento coincidono e si perdono in un urlo inespresso.


Il grido attraversò il buio
fino all’altra sponda
o nemmeno sfiorò
lo spessore della notte, né l’invocazione
né la divinità poterono fare nulla
con l’aria impenetrabile – tanto sfiorì
una vita,
tanto chi doveva sentire
non sentì.

Cesare Viviani, Passanti

lunedì 23 novembre 2009

la vita e la morte

Stasera è arrivata una brutta notizia, come un fulmine ad illuminare un cielo terso.
Una cugina, già malata, ma per la quale i medici avevano escluso allo stato una prognosi infausta, si è improvvisamente aggravata.
Ieri netto miglioramento, oggi improvviso aggravamento.
Mala sanità del sud Italia.
Incredibile nel XXI secolo, in Europa, ma tant'è.
Da noi ci sarebbero state le strutture adatte, innanzitutto a scongiurare il peggioramento delle sue condizioni, ma poi anche per riportarla in una situazione di equilibrio, senza che una banale influenza potesse crearle delle complicanze respiratorie così serie.

Da ragazzina mi ero molto legata a questa persona, con la quale cercavo di trascorrere il maggior tempo possibile durante le vacanze estive.
A casa sua, con coetanei e adulti che ho imparato ad amare giorno dopo giorno e che mi hanno voluto bene come fossi una figlia o una sorella, ho speso le mie giornate migliori di quell'età.
Spensieratezza, gioia di vivere, considerazione e attenzione per le piccole cose, semplicità (e anche buona cucina, sana allegria, sole caldo e mare cristallino), ma soprattutto affetto capace di trascendere qualsisi distanza erano gli ingredienti di quelle lente giornate infuocate d'agosto, in cui il tempo sembrava fermarsi, lasciandoti addosso il senso vero della vita e la capacità di soffermarti su ciò che conta veramente.
Te ne accorgi non quando sei fuori nella luce, ma quando guardi l'asfalto che si spezza sotto il sole attraverso le persiane. E talvolta, purtroppo, è tardi, troppo tardi.

Poi è arrivato il "mostro", era dentro di me, ma si è travestito da Nemesi e mi ha condannato a soffrire tanto quanto avevo gioito e ha condizionato sentimenti e partecipazione, ha limitato frequentazioni e contatti e infine ha cancellato nel silenzio e nel distacco gli affetti.
Una parte di me l'ha proprio uccisa.
E insieme a quella parte di me tutti gli altri soggetti coinvolti sono stati costretti ad accettare, obtorto collo, un progressivo allontanamento, subendo l'onta delle mancate, seppur dovute e doverose, giustificazioni, affogate nel silenzio.
Ancora una volta alla vendetta del male oscuro si è contrapposto l'amore silenzioso del rispetto, che non ha chiesto, non ha condannato, non ha infierito e si è sublimato nella silenziosa comprensione priva di domande.

Ho messo all'ostracismo una parte di me stessa, quella stessa parte che non ho saputo curare fino a tempi più recenti, permettendo che il dolore mi vincesse, mentre lo allontanavo con la mano e mi incancreniva il braccio, tetragona a qualsiasi forma quanto meno di autodifesa, incapace di reagire se non agitandomi, ma nulla concludendo.

Stasera il dolore per questa situazione è acuito dall'impossibilità (forse è troppo tardi) di tornare indietro per rimediare all'inspiegabilità di quel silenzio, per emendare quell'errore incolmabile ed anche tragicamente inespiabile, per colmare la solitudine di quei silenzi, per cancellare il dolore o la disillusione che ho cagionato e per restituire a chi stava in mezzo - esattamente tra me e tutti loro - la libertà dal condizionamento che per amore mio si sono imposti per anni, lasciando che i rapporti sfumassero e sfidando persino il rischio di apparire ingrati oltre che maleducati.

Tanto è cambiato da allora e tanto sono cambiata da allora.
A volte è più la paura di aver paura che la paura effettiva, la codardia che spinge ad allontanare il calice amaro piuttosto che assumersi tutto d'un colpo le proprie responsabilità.
Si dice che sono troppe, ci si giustifica adducendo la pochezza dell'essere umano, si trovano i "se" ed i "ma". Ma questo sappiamo benissimo che è solo il tentativo, vano e ridicolo, di nascondersi dietro ad un dito, troppo sottile per celare le dimensioni di certi agiti talmente indegni di costituire parte di un'esistenza da negarla nel loro manifestarsi.

Si invocano le seconde possibilità, i buoni propositi e ancora si cade nella logica illogica del rintracciare a tutti i costi una giustificazione, attanagliati da rimorsi e pentimenti in un circolo vizioso senza fine.

La vita e la morte, gli opposti che si ricongiungono, con la vita in mezzo di chi vive strattonato tra redenzione ed errore, speranza e tragica consapevolezza del non ritorno, occasioni sprecate e occasioni perse, contingenze invocate e mai propostesi sulla via.
Una sorta di nord e sud dell'anima, dove i chilometri di distanza sono un eterno ritorno dell'uguale laddove si spreca la nuova occasione e il limite invalicabile tra gli opposti quando si cerca con metodica abnegazione di perseguire il proprio obiettivo.

Finchè c'è vita, però, c'è speranza.

Lacrime di pioggia

Lacrime di pioggia
il tuo ricordo mi parla
Dalla mia finestra
io guardo il mondo che passa

Ed ogni giorno ci sarai ogni minuto che vorrai ad ogni passo della vita
E quale strada sceglierai che direzione mi consiglierai ad ogni passo della vita
Sei solo un ombra ma la tua voce mi parla
io che ho creduto e credo in te tutto l'amore che hai per me
ridallo al cuore di tua madre
dalla tempesta dal grande sogno del nulla
e molto presto capirai che tutti gli anni che vivrai cancellano
i peccati suoi

Nei suoi pensieri io vivrò con le sue mani ti accarezzerò
ad ogni passo della vita
Stringila forte quando avrà paura che c'è il mio amore che non l'abbandona
ad ogni passo della vita

Lacrime di pioggia
il tuo ricordo mi parla
Dalla mia finestra
io guardo il mondo che passa

Lacrime di pioggia
Lacrime di pioggia


Antonello Venditti

giovedì 19 novembre 2009

I numeri immaginari ed il loro valore simbolico

«Ehi, tu l’hai capita bene poco fa?»
«Che cosa?»
«La storia dei numeri immaginari».
«Sì. Non è poi così difficile. Bisogna solo ricordare che l’unità di calcolo è data dalla radice quadrata di meno uno».
«Ma è proprio questo il punto. Quella radice non esiste. Qualsiasi numero, che sia negativo o positivo, elevato al quadrato dà un valore positivo. Per cui non può esserci un numero reale che sia la radice quadrata di qualcosa di negativo».
«Giustissimo; ma perché non si dovrebbe tentare ugualmente di applicare l’operazione dell’estrazione della radice quadrata anche a un numero negativo? Naturalmente questo non potrà dare alcun valore reale, e infatti anche per questo il risultato è detto immaginario. È come se si dicesse: qui di solito si siede sempre un tale, perciò mettiamoci anche oggi una seggiola; e se anche fosse morto nel frattempo, facciamo come se venisse».
«Ma come si può se si sa con certezza, con matematica certezza, che è impossibile?»
«Appunto, si fa come se fosse possibile. Un qualche risultato ne uscirà. In fondo, con i numeri irrazionali non è la stessa cosa? Una divisione che non finisce mai, una frazione il cui valore non risulterà mai e poi mai per quanto tu continui a calcolare. E che mi dici, poi, del fatto che due parallele si devono incontrare all’infinito? Io credo che a essere troppo scrupolosi la matematica finirebbe per non esistere più».
«Questo è vero. Se uno se l’immagina così, è davvero bizzarra. Ma la cosa singolare è proprio che ciononostante con quei valori immaginari o comunque impossibili si possono fare calcoli perfettamente reali e raggiungere alla fine un risultato concreto!»
«Beh, per arrivare a questo i fattori immaginari devono elidersi a vicenda durante il calcolo».
«Sì, sì, tutto quello che dici lo so anch’io. Ma pure non resta un che di curioso in tutta la faccenda? Come posso spiegarmi? Prova a pensarla così: in un calcolo del genere, tu all’inizio hai dei numeri solidissimi, in grado di quantificare metri, pesi o qualsiasi altro oggetto concreto, comunque numeri reali. Alla fine del calcolo, lo stesso. Ma l’inizio e la fine sono tenuti insieme da qualcosa che non c’è. Non è un po’ come un ponte che consti soltanto dei piloni iniziali e finali, e sul quale tuttavia si cammina sicuri come se fosse intero? Un calcolo del genere mi dà il capogiro; come se un pezzo del cammino andasse Dio sa dove. Ma la cosa davvero inquietante per me è la forza insita in questi calcoli, una forza capace di sorreggerti fino a farti arrivare felicemente dall’altra parte».

Da I turbamenti del giovane Törless (1906) di Robert Musil

mercoledì 18 novembre 2009

Sinfonietta

L'errore è cercare di
dare un senso all'assurdo,
alla fame dell'anima,
all'indolenza che alloppia
la mente e le mani,
all'eterno sussurro di
ciarlatani caduti e
venditori di oroscopi

(Da SINFONIETTA Angelo Maria Repellino)

sabato 14 novembre 2009

Stage door

Mi sembra di viaggiare
in zone rarefatte del pensiero,
dove si affina la mia disposizione a vivere
che si inebria di stili e discipline.
In un insieme
irridente di parche voglie,
celebro il mio vanto i miei sensi la mia unicità.

Furono giorni di stanchezza assurda e depressiva,
di una totale mancanza di lucidità.
Quando ti chiedi in qualche letto sconosciuto,
che cosa hai fatto e perchè vivi in tanta estraneità.

Sapessi che dolore l'esistenza
che vede nero dove nero non ce n'è.
Il fatto è che non posso più tornare indietro
che non riesco a vivere con te né senza di te,
credimi.

Ma io vorrei essere un'aquila
vedere il piano del mondo che inclina verso di noi
e le leggi che si inchinano
lanciarmi a inseguire il tuo deserto
e i poteri solenni
e le porte dorate
cominciare di nuovo il viaggio.

Franco Battiato

martedì 10 novembre 2009

Russian Roulette

Take a breath, take it deep
Calm yourself, he says to me
If you play, you play for keeps
Take the gun, and count to three
I’m sweating now, moving slow
No time to think, my turn to go
And you can see my heart beating
You can see it through my chest
And I’m terrified but I’m not leaving
Know that I must pass this test
So just pull the trigger

Say a prayer to yourself
He says close your eyes
Sometimes it helps
And then I get a scary thought
That he’s here means he’s never lost
And you can see my heart beating
You can see it through my chest
And I’m terrified but I’m not leaving
Know that I must must pass this test
So just pull the trigger

As my life flashes before my eyes
I’m wondering will I ever see another sunrise?
So many won’t get the chance to say goodbye
But it’s too late too pick up the value of my life
And you can see my heart beating
You can see it through my chest
And I’m terrified but I’m not leaving
Know that I must must pass this test
So just pull the trigger

Rihanna

Nessuno

C’è una strada per andare dove l’odio non c’è
Senza muri né paure senza più bandiere su di noi

Qui non c’è nessuno che vuole sentirti gridare più forte
Qui non c’è nessuno che vuole vederti volare nella notte

Solo un passo nel futuro per sentire com’è
Non è tempo di fuggire è tempo di tornare a vivere
Qui non c’è nessuno che vuole sentirti gridare più forte
Qui non c’è nessuno che vuole vederti volare nella notte
Meglio che non dici a nessuno che in fondo ancora stai sperando
Meglio che non alzi la voce se rompi il silenzio cantando

C’è una sola direzione per uscire da qui
Ed è arrendersi incondizionatamente all’amore e dire di si

Ma qui non c’è nessuno che vuole sentirti gridare più forte
Qui non c’è nessuno che vuole vederti volare nella notte
Meglio che non dici a nessuno che in fondo ancora stai sperando
Meglio che non alzi la voce se rompi il silenzio cantando
E ti troverai nell'istante in cui ogni sguardo sarà spento e gelido
E ti sembrerà che davvero tu sbagli sognando contromano
Tu sbagli sognando

Giovanni Pellino

giovedì 5 novembre 2009

Sapevo il credo

Il vento bussa forte, si aspetta il temporale
e l'odore della pioggia si sente fino a qua
mi ricordo da bambino, gli occhi chiusi dopo il tuono
andava via la luce, ma tu non eri là

Il pane quotidiano per scongiurare il peggio
mia madre dietro ai vetri che pregava Dio
dietro una candela accesa, io sul muro ero un gigante
fai che smetta adesso, fai che non piova più

Meglio sarebbe, che non ti avessi amato
sapevo il credo ed ora l'ho scordato
e, non sapendo più l'ave Maria,
come potrò salvare l'anima mia

La sera si tornava con nelle tasche niente
si riposano bestemmie, ma la fatica no
c'è un sapere in ogni vita, più prezioso dei diamanti
poi si cancella tutto, ma la memoria no

Meglio sarebbe che non ti avessi amato
sapevo il credo ed ora l'ho scordato
e, non sapendo più l'ave Maria,
come potrò salvare l'anima mia

Meglio sarebbe che non ti avessi amato
sapevo il credo ed ora l'ho scordato
e, non sapendo più l'ave Maria,
come potrò salvare l'anima mia
come potrò salvare l'anima mia

Cristiano De Andrè

mercoledì 4 novembre 2009

L'araba fenice
















La scelta implica sempre una cesura
(Alessandro e il nodo gordiano).
La cesura uccide.
Dalla morte rinasce la vita.