Taglio di luna velato da nubi dai contorni irregolari, aria frizzante, notti di prime coperte sopra le lenzuola, notti di una tarda estate oramai determinata a cedere il passo ad un autunno incipiente, notti che stentano a lasciare il posto ai progetti di serate accoccolati davanti al camino con il cartoccio di caldarroste in grembo, perchè il sogno di quelle trascorse a passeggiare sulla battigia sono ancora troppo vive e vivide.
Notti ancora troppo estive per il calendario e per il cuore per rassegnarsi a rannicchiarsi alla ricerca di tepore, notti di fotografie agostane negli occhi e di occhi non ancora pronti al buio di quella stagione che fa da preludio all'inverno.
Notti in cui combatti con i pensieri e con le rinnovate preoccupazioni del lavoro e ti sembra impossibile credere che soltanto pochi giorni fa eri altrove e ti sentivi altrove, in un altrove che ti sembra ancora una trasposizione dell'adesso, se non fosse per il contorno, che è completamente diverso e cela con la nebbia della realtà un sentire dissociato dall'hic et nunc.
Notti di lotta dura con il sonno, quel sonno che poco tempo fa ti accoglieva sfinito e felice e che ora ti seduce con il peso della giornata e di prospettive tutte in salita e, almeno apparentemente, di una lunghezza snervante. Cerchi di posticipare il contatto con il cuscino e il raggiungimento dell'orizzontalità che trapassa all'oblio per suggere le ultime gocce di un'estate talmente strana da essere troppo vera, cucita addosso da quel Destino che così raramente ti regala sorprese così catartiche e determinanti, bagliori di nuovi inizi che ti esplodono addosso come improvvisi fuochi di Sant'Elmo, destinati a restare impressi come un sigillo sulla pelle.
Resti immobile in una fase di inebriato sbalordimento, trasognato ti accorgi che stai sorridendo, inseguendo e rivivendo attimi, istanti, abbracciando persone e luoghi, quasi che solo la partecipazione completa di cuore e mente al ricordo lo possa rendere più attuale e, di nuovo, un'altra volta, soltanto tuo, per sempre.